Il prof. Giovanni Catapano dell’Università di Padova introduce con una premessa di ordine metodologico l’incontro ”Agostino teologo del libero arbitrio”. Il tema del libero arbitrio in Agostino può essere studiato in molti modi, pertanto verranno analizzati i quattro approcci di ricerca possibili per lo studio del concetto di libero arbitrio agostiniano.
Il prof. Giovanni Catapano dell’Università di Padova introduce con una premessa di ordine metodologico l’incontro ”Agostino teologo del libero arbitrio”. Il tema del libero arbitrio in Agostino può essere studiato in molti modi, pertanto verranno analizzati i quattro approcci di ricerca possibili per lo studio del concetto di libero arbitrio agostiniano.
Il prof. Catapano discute sull’evoluzione del pensiero di Sant’ Agostino analizzandone la produzione scritta contestualmente agli avvenimenti biografici del filosofo-teologo.
Sarà esaminato in che modo l’evoluzione del pensiero agostiniano venga riportata nei manuali liceali.
Saranno analizzate in particolare le evoluzioni delle trattazioni sui temi della grazia e del libero arbitrio.
Il prof. Catapano discute sull’evoluzione del pensiero di Sant’ Agostino analizzandone la produzione scritta contestualmente agli avvenimenti biografici del filosofo-teologo.
Sarà esaminato in che modo l’evoluzione del pensiero agostiniano venga riportata nei manuali liceali.
Saranno analizzate in particolare le evoluzioni delle trattazioni sui temi della grazia e del libero arbitrio.
Il prof. Marco Ferrari presenta l’incontro ”Agostino teologo del libero arbitrio” della Bottega di filosofia. Il prof. Ferrari introduce discutendo sui temi caratterizzanti l’incontro: la libertà e la grazia.
Il prof. Marco Ferrari presenta l’incontro ”Agostino teologo del libero arbitrio” della Bottega di filosofia. Il prof. Ferrari introduce discutendo sui temi caratterizzanti l’incontro: la libertà e la grazia.
Il prof. Catapano illustra la concezione manichea del libero arbitrio. Secondo il manicheismo l’origine del male risiede nel libero arbitrio. Tale concezione si porrà in contrapposizione con quella agostianiana e con quella cattolica...
Il prof. Catapano illustra la concezione manichea del libero arbitrio. Secondo il manicheismo l’origine del male risiede nel libero arbitrio. Tale concezione si porrà in contrapposizione con quella agostianiana e con quella cattolica...
Il professor Porro prosegue la comparazione terminologica tra il lessico aristotelico e la corrispondente traduzione di Tommaso d’Aquino nel Sententia libri Ethicorum. Saranno ripresi in particolare i concetti di volontà, scelta, consiglio, giudizio, deliberazione.
Verrà analizzato l’agire morale secondo Tommaso d’Aquino, in cui vi è un’interazione tra la ratio e la voluntas, quindi sia una componente intellettiva che volitiva.
Il professor Porro prosegue la comparazione terminologica tra il lessico aristotelico e la corrispondente traduzione di Tommaso d’Aquino nel Sententia libri Ethicorum. Saranno ripresi in particolare i concetti di volontà, scelta, consiglio, giudizio, deliberazione.
Verrà analizzato l’agire morale secondo Tommaso d’Aquino, in cui vi è un’interazione tra la ratio e la voluntas, quindi sia una componente intellettiva che volitiva.
Il professor Marco Ferrari introduce il sesto incontro della bottega di filosofia con il professor Alessandro Ghisalberti, docente di storia della filosofia medievale presso l’Università di Bergamo.
Il tema dell’incontro sarà Guglielmo da Ockham - libertà e volontà. Il professor Ghisalberti introdurrà una nuova interpretazione dei testi dell’autore, non più meramente volontaristica.
Il professor Marco Ferrari introduce il sesto incontro della bottega di filosofia con il professor Alessandro Ghisalberti, docente di storia della filosofia medievale presso l’Università di Bergamo.
Il tema dell’incontro sarà Guglielmo da Ockham - libertà e volontà. Il professor Ghisalberti introdurrà una nuova interpretazione dei testi dell’autore, non più meramente volontaristica.
La trattazione del professor Ghisalberti prosegue con l’obiettivo di connettere il tema libertà con quello della volontà.
Viene rivisitato il volontarismo di Ockham generalmente trattato nei manuali, poiché le prospettive che si possono ricavare dal linguaggio dell’autore vanno fuori da ogni linea volontaristica...
La trattazione del professor Ghisalberti prosegue con l’obiettivo di connettere il tema libertà con quello della volontà.
Viene rivisitato il volontarismo di Ockham generalmente trattato nei manuali, poiché le prospettive che si possono ricavare dal linguaggio dell’autore vanno fuori da ogni linea volontaristica...
Prosegue il confronto tra Ockham e il volontarismo. Il volontarismo sostiene che la volontà non tenga conto dell’intelletto, ma secondo Ockham non è possibile volere qualcosa senza averlo prima conosciuto. Quindi la libertà della volontà creata opera guidata dall’intelletto.
Prosegue il confronto tra Ockham e il volontarismo. Il volontarismo sostiene che la volontà non tenga conto dell’intelletto, ma secondo Ockham non è possibile volere qualcosa senza averlo prima conosciuto. Quindi la libertà della volontà creata opera guidata dall’intelletto.
Continua l’analisi della nuova terminologia adottata da Ockham rispetto al concetto di sinderesi di Aristotele. Sarà illustrato in che senso il termine ”prudenza” indica l’abito dei primi principi pratici generali, attraverso quattro accezioni vagliate da Ockham stesso. Nella quarta accezione ritroviamo quello che rappresenta il concetto di sinderesi presso altri autori.
Continua l’analisi della nuova terminologia adottata da Ockham rispetto al concetto di sinderesi di Aristotele. Sarà illustrato in che senso il termine ”prudenza” indica l’abito dei primi principi pratici generali, attraverso quattro accezioni vagliate da Ockham stesso. Nella quarta accezione ritroviamo quello che rappresenta il concetto di sinderesi presso altri autori.
Il professor Ghisalberti approfondisce la trattazione analizzando le direttrici ermeneutiche della morale di Ockham. La finalità di quest’analisi mira a superare e a prendere una posizione differente rispetto alle etichette di volontarismo, arbitrarismo etico, positivismo o addirittura nominalismo generalmente propinate dai manuali di filosofia.
Il professor Ghisalberti approfondisce la trattazione analizzando le direttrici ermeneutiche della morale di Ockham. La finalità di quest’analisi mira a superare e a prendere una posizione differente rispetto alle etichette di volontarismo, arbitrarismo etico, positivismo o addirittura nominalismo generalmente propinate dai manuali di filosofia.
Onorato Grassi, docente di storia della filosofia medievale presso l’Università Cattolica di Milano e l’Università LUMSA di Roma, terrà una lezione sull’importanza dello studio della filosofia medievale nella scuola secondaria superiore. Grassi si soffermerà in particolare sui pregiudizi che riguardano la filosofia medievale, per criticarne la fondatezza.
Onorato Grassi, docente di storia della filosofia medievale presso l’Università Cattolica di Milano e l’Università LUMSA di Roma, terrà una lezione sull’importanza dello studio della filosofia medievale nella scuola secondaria superiore. Grassi si soffermerà in particolare sui pregiudizi che riguardano la filosofia medievale, per criticarne la fondatezza.
Un problema pratico, che riguarda l’insegnamento della filosofia medievale nei licei, è la difficoltà a collocare tale disciplina nel programma scolastico. Diversi docenti affermano che manca il tempo per il suo insegnamento, ma il vero problema, spiega Grassi, è che la maggior parte degli insegnanti è impreparata sul tema.
Un problema pratico, che riguarda l’insegnamento della filosofia medievale nei licei, è la difficoltà a collocare tale disciplina nel programma scolastico. Diversi docenti affermano che manca il tempo per il suo insegnamento, ma il vero problema, spiega Grassi, è che la maggior parte degli insegnanti è impreparata sul tema.
L’interpretazione di Gioacchino da Fiore da parte di Löwith e Taubes si basa sugli studi storici che tra la fine degli anni Venti e l’inizio degli anni Trenta riscoprono la figura del monaco calabrese: Herbert Grundmann pubblica nel 1927 i suoi Studi su Gioacchino da Fiore; Alois Dempf Sacrum Imperium nel 1933; Ernst Benz Ecclesia Spiritualis nel 1934.
L’interpretazione di Gioacchino da Fiore da parte di Löwith e Taubes si basa sugli studi storici che tra la fine degli anni Venti e l’inizio degli anni Trenta riscoprono la figura del monaco calabrese: Herbert Grundmann pubblica nel 1927 i suoi Studi su Gioacchino da Fiore; Alois Dempf Sacrum Imperium nel 1933; Ernst Benz Ecclesia Spiritualis nel 1934.
Gioacchino da Fiore propone diverse declinazioni delle tre epoche storiche:
Età del Padre: sotto la legge, scienza, obbedienza servile, timore.
Età del Figlio: sotto la grazia, sapienza, servitù filiale, fede.
Età dello Spirito Santo: sotto una grazia maggiore, piena intelligenza, libertà, amore.
In questa prospettiva l’età cristiana diventa una sorta di “preistoria” della nuova età dello Spirito.
Gioacchino da Fiore propone diverse declinazioni delle tre epoche storiche:
Età del Padre: sotto la legge, scienza, obbedienza servile, timore.
Età del Figlio: sotto la grazia, sapienza, servitù filiale, fede.
Età dello Spirito Santo: sotto una grazia maggiore, piena intelligenza, libertà, amore.
In questa prospettiva l’età cristiana diventa una sorta di “preistoria” della nuova età dello Spirito.
Giovanni Catapano, docente di storia della filosofia medievale presso l’Università di Padova, terrà una lezione sulla “Concezione medievale della giustizia a partire da Agostino”. Il tema della giustizia verrà affrontato all’interno del dibattito medievale tra fede e ragione, analizzando il pensiero di quattro importanti autori medievali: Agostino, Anselmo, Tommaso ed Eckhart. La sua analisi è quindi compresa in un arco di tempo che dalla fine del IV secolo arriva all’inizio del XIV.
Giovanni Catapano, docente di storia della filosofia medievale presso l’Università di Padova, terrà una lezione sulla “Concezione medievale della giustizia a partire da Agostino”. Il tema della giustizia verrà affrontato all’interno del dibattito medievale tra fede e ragione, analizzando il pensiero di quattro importanti autori medievali: Agostino, Anselmo, Tommaso ed Eckhart. La sua analisi è quindi compresa in un arco di tempo che dalla fine del IV secolo arriva all’inizio del XIV.
Franco Trabattoni, ordinario di storia della filosofia antica all’Università statale di Milano, si occuperà del tema della giustizia in Platone e Aristotele, tenendo sempre presente la finalità più importante di questi incontri: occuparsi dei contenuti e del modo migliore di trasmetterli ai ragazzi, oramai sempre più sprovvisti delle nozioni culturali più basilari.
Franco Trabattoni, ordinario di storia della filosofia antica all’Università statale di Milano, si occuperà del tema della giustizia in Platone e Aristotele, tenendo sempre presente la finalità più importante di questi incontri: occuparsi dei contenuti e del modo migliore di trasmetterli ai ragazzi, oramai sempre più sprovvisti delle nozioni culturali più basilari.
Il prof. Catapano spiega le motivazioni della scelta del titolo dell’ incontro ovvero ”Agostino teologo del libero arbitrio”.
Sarà analizzato sia il profilo filosofico sia il profilo teologico di Sant’ Agostino. L’ Agostino filosofo usa le armi della ragione, mentre l’ Agostino teologo tratta argomenti che si basano sulle sacre scritture.
L’ approccio tipicamente agostiniano, che troviamo nel ”De libero arbitrio”, prevede che l’analisi razionale non può prescindere da quella teologica. Da qui il titolo dell’incontro ”Agostino teologo del libero arbitrio”.
Il prof. Catapano spiega le motivazioni della scelta del titolo dell’ incontro ovvero ”Agostino teologo del libero arbitrio”.
Sarà analizzato sia il profilo filosofico sia il profilo teologico di Sant’ Agostino. L’ Agostino filosofo usa le armi della ragione, mentre l’ Agostino teologo tratta argomenti che si basano sulle sacre scritture.
L’ approccio tipicamente agostiniano, che troviamo nel ”De libero arbitrio”, prevede che l’analisi razionale non può prescindere da quella teologica. Da qui il titolo dell’incontro ”Agostino teologo del libero arbitrio”.
Il prof. Catapano analizza l’ opera di Sant’ Agostino le ”Retractationes”. In quest’ opera Sant’ Agostino ripercorre tutta la sua produzione scritta in ordine cronologico. Dall’ analisi emerge la direzione dell’evoluzione del pensiero agostiniano. Sarà analizzata nel dettaglio la notizia riguardante l’opera del ”De libero arbitrio” individuando i quesiti e gli avvenimenti che hanno caratterizzato la vita di Sant’ Agostino e che hanno ispirato l’ opera.
Il prof. Catapano analizza l’ opera di Sant’ Agostino le ”Retractationes”. In quest’ opera Sant’ Agostino ripercorre tutta la sua produzione scritta in ordine cronologico. Dall’ analisi emerge la direzione dell’evoluzione del pensiero agostiniano. Sarà analizzata nel dettaglio la notizia riguardante l’opera del ”De libero arbitrio” individuando i quesiti e gli avvenimenti che hanno caratterizzato la vita di Sant’ Agostino e che hanno ispirato l’ opera.
Il prof. Catapano prosegue l’ analisi del libero arbitrio sul piano dell’anima. L’anima ha il potere di distogliersi da Dio per volgersi verso i beni materiali e le creature (immagine del movimento ”Aversio” e ”Conversio”).
L’anima attua un movimento volontario, che le fa volgere l’attenzione verso le passioni appartenenti alla realtà inferiore, quindi agisce male, pecca.
Da qui la consapevolezza che la volontà è in nostro potere, e quindi anche la possibilità di agir male...
Il prof. Catapano prosegue l’ analisi del libero arbitrio sul piano dell’anima. L’anima ha il potere di distogliersi da Dio per volgersi verso i beni materiali e le creature (immagine del movimento ”Aversio” e ”Conversio”).
L’anima attua un movimento volontario, che le fa volgere l’attenzione verso le passioni appartenenti alla realtà inferiore, quindi agisce male, pecca.
Da qui la consapevolezza che la volontà è in nostro potere, e quindi anche la possibilità di agir male...
Il prof. Catapano prosegue l’analisi del libero arbitrio agostiniano ripercorrendo la lotta antipelagiana di Sant’ Agostino. Ciò che suscita perplessità nella teoria pelagiana consiste nella concezione del rapporto tra la grazia divina e il libero arbitrio dell’uomo. La grazia di Dio finirebbe con l’annullare il libero arbitrio dell’uomo. Agostino scriverà il ”De gratia et libero arbitrio” per affermare le sue tesi antipelagiane. Sant’ Agostino sostiene che la grazia divina non annulla il libero arbitrio umano, ma anzi, entrambe le cose devono e possono essere affermate contemporaneamente.
Il metodo impiegato per sostenere tali tesi sarà quello dell’autorità delle sacre scritture.
Il prof. Catapano prosegue l’analisi del libero arbitrio agostiniano ripercorrendo la lotta antipelagiana di Sant’ Agostino. Ciò che suscita perplessità nella teoria pelagiana consiste nella concezione del rapporto tra la grazia divina e il libero arbitrio dell’uomo. La grazia di Dio finirebbe con l’annullare il libero arbitrio dell’uomo. Agostino scriverà il ”De gratia et libero arbitrio” per affermare le sue tesi antipelagiane. Sant’ Agostino sostiene che la grazia divina non annulla il libero arbitrio umano, ma anzi, entrambe le cose devono e possono essere affermate contemporaneamente.
Il metodo impiegato per sostenere tali tesi sarà quello dell’autorità delle sacre scritture.
Il prof. Catapano prosegue l’analisi del dibattito sul rapporto tra la grazia divina e il libero arbitrio umano. La prova scritturistica principale adottata da Agostino per sostenere l’esistenza del libero arbitrio nell’ uomo risiede nei comandamenti, nei precetti divini.
Secondo Sant’ Agostino una prova sufficiente per sostenere l’esistenza del libero arbitrio si ha nell’imperativo negativo presente in alcuni comandamenti, attui quindi a vietare una volontà umana.
In seguito sarà analizzato il rapporto tra la grazia divina e la volontà umana: la grazia di Dio precede non solo le opere ma anche le volontà, sia buone che cattive, ad ogni modo, in entrambi i casi l’uomo non perde mai il libero arbitrio.
Il prof. Catapano prosegue l’analisi del dibattito sul rapporto tra la grazia divina e il libero arbitrio umano. La prova scritturistica principale adottata da Agostino per sostenere l’esistenza del libero arbitrio nell’ uomo risiede nei comandamenti, nei precetti divini.
Secondo Sant’ Agostino una prova sufficiente per sostenere l’esistenza del libero arbitrio si ha nell’imperativo negativo presente in alcuni comandamenti, attui quindi a vietare una volontà umana.
In seguito sarà analizzato il rapporto tra la grazia divina e la volontà umana: la grazia di Dio precede non solo le opere ma anche le volontà, sia buone che cattive, ad ogni modo, in entrambi i casi l’uomo non perde mai il libero arbitrio.
Nella parte finale dell’incontro ”Sant’ Agostino teologo del libero arbitrio” il prof. Catapano illustra un confronto tra le opere ”De libero arbitrio” e ”De gratia et libero arbitrio”. Emerge una distinzione fondamentale: nel ”De libero arbitrio” Agostino analizza la volontà umana delle origini, antecedente al peccato originale, mentre nel ”De gratia et libero arbitrio” si avrà un’analisi della volontà umana attuale, successiva al peccato originale.
Nella parte finale dell’incontro ”Sant’ Agostino teologo del libero arbitrio” il prof. Catapano illustra un confronto tra le opere ”De libero arbitrio” e ”De gratia et libero arbitrio”. Emerge una distinzione fondamentale: nel ”De libero arbitrio” Agostino analizza la volontà umana delle origini, antecedente al peccato originale, mentre nel ”De gratia et libero arbitrio” si avrà un’analisi della volontà umana attuale, successiva al peccato originale.
Il prof. Catapano analizza un’ ipotesi di struttura dell’ opera ”De libero arbitrio”, evidenziando come non corrisponda alla versione originale antica del testo agostiniano.
Nel percorrere la suddivisione dell’ opera in libri saranno analizzate le nozioni di passione, libido, realtà inferiore e realtà superiore.
La passione viene identificata come un ”culpabilis amor” ovvero amore riprovevole, perché rivolto verso cose che possono esserci tolte contro la nostra volontà.
L’agir male ha quindi origine dalla sottomissione della ragione a questo tipo di passione, ma perché avviene questo? Sostanzialmente perché si decide di agire in questo modo, quindi l’origine del male sembrerebbe risiedere nel libero arbitrio...
Il prof. Catapano analizza un’ ipotesi di struttura dell’ opera ”De libero arbitrio”, evidenziando come non corrisponda alla versione originale antica del testo agostiniano.
Nel percorrere la suddivisione dell’ opera in libri saranno analizzate le nozioni di passione, libido, realtà inferiore e realtà superiore.
La passione viene identificata come un ”culpabilis amor” ovvero amore riprovevole, perché rivolto verso cose che possono esserci tolte contro la nostra volontà.
L’agir male ha quindi origine dalla sottomissione della ragione a questo tipo di passione, ma perché avviene questo? Sostanzialmente perché si decide di agire in questo modo, quindi l’origine del male sembrerebbe risiedere nel libero arbitrio...
Il professor Bisogno conclude in quest’ultima parte l’incontro della Bottega di filosofia. Si giunge infine dopo i precedenti passaggi all’ analisi del pensiero di Anselmo.
Dopo sei secoli di premesse logiche dialettiche Anselmo giunge a un punto a cui non era ancora giunto nessuno. Ovvero sostiene che il solo ragionamento condotto con correttezza può portare alla dimostrazione dell’esistenza di Dio.
Anselmo sostiene che il ragionamento funziona proprio perché Dio esiste, e questa è la struttura di quella forma di pensiero che Anselmo chiama rectitudo. La rectitudo è la coerenza dei tre ordini (tre ordines: ordo rerum, ordo idearum, ordo verborum), ovvero la coerenza tra l’ordine delle cose, l’ordine dei miei pensieri, e l’ordine delle mie parole.
Per Anselmo ogni cosa ha la sua rectitudo, quindi anche la libertà. I medievali identificano la libertà con la libertà dal peccato. La libertà nel sistema anselmiano è massima, purché si eserciti nel perimetro della razionalità.
Il professor Bisogno conclude in quest’ultima parte l’incontro della Bottega di filosofia. Si giunge infine dopo i precedenti passaggi all’ analisi del pensiero di Anselmo.
Dopo sei secoli di premesse logiche dialettiche Anselmo giunge a un punto a cui non era ancora giunto nessuno. Ovvero sostiene che il solo ragionamento condotto con correttezza può portare alla dimostrazione dell’esistenza di Dio.
Anselmo sostiene che il ragionamento funziona proprio perché Dio esiste, e questa è la struttura di quella forma di pensiero che Anselmo chiama rectitudo. La rectitudo è la coerenza dei tre ordini (tre ordines: ordo rerum, ordo idearum, ordo verborum), ovvero la coerenza tra l’ordine delle cose, l’ordine dei miei pensieri, e l’ordine delle mie parole.
Per Anselmo ogni cosa ha la sua rectitudo, quindi anche la libertà. I medievali identificano la libertà con la libertà dal peccato. La libertà nel sistema anselmiano è massima, purché si eserciti nel perimetro della razionalità.
L’ incontro della Bottega di filosofia ”libertà e dialettica” prosegue con l’ analisi della personalità di Giovanni Scoto.
Giovanni Scoto fu maestro di corte di Carlo il Calvo, maestro di logica e uno dei pochi conoscitori del greco nel IX secolo.
Gli fu affidato il compito di tradurre il corpus delle opere di Dionigi Areopagita, il quale trasmise in occidente un neoplatonismo che conserva l’idea di un Universo circolare, ma che è declinato nei termini di un cristianesimo volontaristico.
Quindi Giovanni Scoto commenta l’opera di Dionigi Areopagita dividendo la dialettica in due parti: diairetica e analitica.
Si arriverà a definire la dialettica sia strumento logico, sia scheletro metafisico dell’Universo. Si avrà quindi quello che i medievali chiamano ”sovrapposizione dei tre ordines”: ordo rerum, ordo idearum, ordo verborum
L’ incontro della Bottega di filosofia ”libertà e dialettica” prosegue con l’ analisi della personalità di Giovanni Scoto.
Giovanni Scoto fu maestro di corte di Carlo il Calvo, maestro di logica e uno dei pochi conoscitori del greco nel IX secolo.
Gli fu affidato il compito di tradurre il corpus delle opere di Dionigi Areopagita, il quale trasmise in occidente un neoplatonismo che conserva l’idea di un Universo circolare, ma che è declinato nei termini di un cristianesimo volontaristico.
Quindi Giovanni Scoto commenta l’opera di Dionigi Areopagita dividendo la dialettica in due parti: diairetica e analitica.
Si arriverà a definire la dialettica sia strumento logico, sia scheletro metafisico dell’Universo. Si avrà quindi quello che i medievali chiamano ”sovrapposizione dei tre ordines”: ordo rerum, ordo idearum, ordo verborum
Prosegue l’incontro della Bottega di filosofia con il professor Bisogno. Sarà analizzata la figura di Boezio, il cui progetto fu quello di mostrare la necessaria conciliabilità tra Platone e Aristotele, poiché lo studio della logica di Aristotele permetteva di accedere alla metafisica teologica platonica.
Secondo Boezio la dialettica per un verso mi permette di astrarre dai particolari gli universali che sono la base della pensabilità del reale, ma allo stesso tempo questi sono l’eco dell’universo eidetico dal quale tutte le verità particolari discendono. Quindi la logica fonda la pensabilità del reale.
Prosegue l’incontro della Bottega di filosofia con il professor Bisogno. Sarà analizzata la figura di Boezio, il cui progetto fu quello di mostrare la necessaria conciliabilità tra Platone e Aristotele, poiché lo studio della logica di Aristotele permetteva di accedere alla metafisica teologica platonica.
Secondo Boezio la dialettica per un verso mi permette di astrarre dai particolari gli universali che sono la base della pensabilità del reale, ma allo stesso tempo questi sono l’eco dell’universo eidetico dal quale tutte le verità particolari discendono. Quindi la logica fonda la pensabilità del reale.
Il professor Marco Ferrari introduce il secondo incontro della bottega di filosofia con il professor Armando Bisogno, ricercatore di filosofia medievale presso l’ Università degli studi di Salerno.
Il tema della discussione sarà ”Anselmo, libertà e dialettica”. Il professor Bisogno ripercorrerà l’evoluzione della dialettica nei secoli alto medievali, da Tertulliano ad Agostino, fino a Boezio, passando anche per Scoto.
La finalità dell’incontro è di trasmettere un metodo di insegnamento della filosofia medievale che vada oltre la sola dimostrazione ontologica, e capire come declinare le problematiche che ne possono derivare nella didattica quotidiana.
infine si cercherà di comprendere se la filosofia medievale è in grado di fondare una modalità universale del pensare.
Il professor Marco Ferrari introduce il secondo incontro della bottega di filosofia con il professor Armando Bisogno, ricercatore di filosofia medievale presso l’ Università degli studi di Salerno.
Il tema della discussione sarà ”Anselmo, libertà e dialettica”. Il professor Bisogno ripercorrerà l’evoluzione della dialettica nei secoli alto medievali, da Tertulliano ad Agostino, fino a Boezio, passando anche per Scoto.
La finalità dell’incontro è di trasmettere un metodo di insegnamento della filosofia medievale che vada oltre la sola dimostrazione ontologica, e capire come declinare le problematiche che ne possono derivare nella didattica quotidiana.
infine si cercherà di comprendere se la filosofia medievale è in grado di fondare una modalità universale del pensare.
Il professor Conti introduce Scoto e il suo paradigma alternativo all’aristotelismo.
Scoto rappresenta uno snodo e un punto di cesura tra l’ultimo periodo del medioevo (primi decenni XIV secolo), in cui è andato riaffermandosi l’ aristotelismo, e il precedente periodo (fine XIII secolo). Le prime forme di realismo che si imporrano dopo i primi due decenni del XIV secolo saranno debitrici a Duns Scoto.
Scoto riscatta gli individui a livello metafisico rispetto ad Aristotele. La filosofia aristotelica privilegia le specie rispetto agli individui, i quali sono subordinati alla natura.
La rivalutazione degli individui a livello metafisico si accompagnerà ad una rivalutazione degli individui e della libertà degli individui a livello etico. Scoto dovrà rielaborare una filosofia modale differente sul piano etico e sul piano metafisico, rivedendo le nozioni di libertà umana e di libertà divina rendendole compatibili con l’ordine dell’ Universo. Di conseguenza le occorrerà rielaborare la nozione di contingenza.
Il professor Conti introduce Scoto e il suo paradigma alternativo all’aristotelismo.
Scoto rappresenta uno snodo e un punto di cesura tra l’ultimo periodo del medioevo (primi decenni XIV secolo), in cui è andato riaffermandosi l’ aristotelismo, e il precedente periodo (fine XIII secolo). Le prime forme di realismo che si imporrano dopo i primi due decenni del XIV secolo saranno debitrici a Duns Scoto.
Scoto riscatta gli individui a livello metafisico rispetto ad Aristotele. La filosofia aristotelica privilegia le specie rispetto agli individui, i quali sono subordinati alla natura.
La rivalutazione degli individui a livello metafisico si accompagnerà ad una rivalutazione degli individui e della libertà degli individui a livello etico. Scoto dovrà rielaborare una filosofia modale differente sul piano etico e sul piano metafisico, rivedendo le nozioni di libertà umana e di libertà divina rendendole compatibili con l’ordine dell’ Universo. Di conseguenza le occorrerà rielaborare la nozione di contingenza.
Il professor Conti proseguirà la trattazione dei punti specifici menzionati nella premessa del video precedente.
Saranno illustrati i concetti di libertà divina, contingenza, libertà umana, proprio in quest’ordine, per rispettare l’ordine della creazione.
Sarà definito il concetto di divino secondo l’aristotelismo il quale non collima con la concezione cristiana. Il Dio di Aristotele non è un dio persona, poiché non presenta la caratteristica principale della persona: la volontà. Scoto fornisce un’immagine diversa di Dio, la cui essenza possiede una volontà e un’intelletto, e la volontà prevale sull’intelletto. Quest’ ultimo punto è molto importante poiché garantisce la piena libertà di un soggetto. Sarà analizzato il funzionamento dell’intelletto umano rispetto a quello divino in rapporto alla capacità di autodeterminazione divina.
Sarà approfondito il concetto di onnipotenza e libertà divina, secondo la concezione di Scoto, paragonandola con il punto di vista di Tommaso.
Il professor Conti proseguirà la trattazione dei punti specifici menzionati nella premessa del video precedente.
Saranno illustrati i concetti di libertà divina, contingenza, libertà umana, proprio in quest’ordine, per rispettare l’ordine della creazione.
Sarà definito il concetto di divino secondo l’aristotelismo il quale non collima con la concezione cristiana. Il Dio di Aristotele non è un dio persona, poiché non presenta la caratteristica principale della persona: la volontà. Scoto fornisce un’immagine diversa di Dio, la cui essenza possiede una volontà e un’intelletto, e la volontà prevale sull’intelletto. Quest’ ultimo punto è molto importante poiché garantisce la piena libertà di un soggetto. Sarà analizzato il funzionamento dell’intelletto umano rispetto a quello divino in rapporto alla capacità di autodeterminazione divina.
Sarà approfondito il concetto di onnipotenza e libertà divina, secondo la concezione di Scoto, paragonandola con il punto di vista di Tommaso.
Il professor Conti prosegue la trattazione sulla contingenza e la libertà dell’uomo secondo Scoto. in quest’ultima parte della trattazione vedremo come Scoto si contrapporrà alla posizione di Tommaso sul tema della libertà umana. Scoto sostiene ancora una volta la sua idea in modo non tradizionale basandosi sempre sul modello di contingenza sincronica.
Secondo Tommaso la volontà dell’uomo è orientata dall’intelletto e l’attività dell’intelletto è astrattiva. La volontà risulta quindi libera solo secondo lo schema della contingenza diacronica. Secondo Scoto, in questo modo la volontà non sarà mai libera, inoltre non è l’intelletto che determina la volontà, ma è la volontà che si autodetermina. La volontà potrebbe volere qualcosa e nello stesso tempo non volerla o desiderare qualcos’altro. Questo per Tommaso non è concepibile.
Saranno infine ripercorsi e sintetizzati gli assunti fondamentali trattati in questa parte dell’incontro, che hanno determinato la rivoluzione scotista in ambito etico e in ambito metafisico.
Il professor Conti prosegue la trattazione sulla contingenza e la libertà dell’uomo secondo Scoto. in quest’ultima parte della trattazione vedremo come Scoto si contrapporrà alla posizione di Tommaso sul tema della libertà umana. Scoto sostiene ancora una volta la sua idea in modo non tradizionale basandosi sempre sul modello di contingenza sincronica.
Secondo Tommaso la volontà dell’uomo è orientata dall’intelletto e l’attività dell’intelletto è astrattiva. La volontà risulta quindi libera solo secondo lo schema della contingenza diacronica. Secondo Scoto, in questo modo la volontà non sarà mai libera, inoltre non è l’intelletto che determina la volontà, ma è la volontà che si autodetermina. La volontà potrebbe volere qualcosa e nello stesso tempo non volerla o desiderare qualcos’altro. Questo per Tommaso non è concepibile.
Saranno infine ripercorsi e sintetizzati gli assunti fondamentali trattati in questa parte dell’incontro, che hanno determinato la rivoluzione scotista in ambito etico e in ambito metafisico.
Il professor Ferrari introduce il professor Pasquale Porro, docente di filosofia medievale presso l’ Università la Sorbona di Parigi. Il professor Porro tratterà i temi del libero arbitrio e del determinismo secondo Tommaso d’Aquino.
Sarà introdotta l’Etica Nicomachea come punto di partenza per la comprensione della filosofia di Tommaso d’Aquino e della successiva disputa tra intellettualisti e volontaristi.
Al fine di comprendere al meglio le discussioni scolastiche sul libero arbitrio è consigliabile iniziare l’analisi dalle forze che si oppongono ad esso. Saranno individuate e classificate diverse forme di determinismo come possibili minacce della libertà umana.
Il professor Ferrari introduce il professor Pasquale Porro, docente di filosofia medievale presso l’ Università la Sorbona di Parigi. Il professor Porro tratterà i temi del libero arbitrio e del determinismo secondo Tommaso d’Aquino.
Sarà introdotta l’Etica Nicomachea come punto di partenza per la comprensione della filosofia di Tommaso d’Aquino e della successiva disputa tra intellettualisti e volontaristi.
Al fine di comprendere al meglio le discussioni scolastiche sul libero arbitrio è consigliabile iniziare l’analisi dalle forze che si oppongono ad esso. Saranno individuate e classificate diverse forme di determinismo come possibili minacce della libertà umana.
Il professor Porro prosegue l’analisi sulle quattro forme di determinismo che possono costituire delle minacce per il libero arbitrio.
In questo video saranno analizzate le prime due forme.
La prima forma di determinismo consiste in un condizionamento interno del soggetto, che può essere provocato dalle passioni. Si vedranno i due modi in cui Tommaso concepisce le passioni.
La seconda forma di determinismo analizzata è il determinismo psicologico, il cui dibattito ruota intorno al conflitto tra volontà e intelletto all’interno dell’anima razionale e cerca di comprendere quale delle due parti predomini. Da questo dibattito ci si collegherà alla differenziazione tra la corrente degli intellettualisti e dei volontaristi, collocando Tommaso d’Aquino a metà tra le due correnti, anche se tradizionalmente è considerato un intellettualista.
Il professor Porro prosegue l’analisi sulle quattro forme di determinismo che possono costituire delle minacce per il libero arbitrio.
In questo video saranno analizzate le prime due forme.
La prima forma di determinismo consiste in un condizionamento interno del soggetto, che può essere provocato dalle passioni. Si vedranno i due modi in cui Tommaso concepisce le passioni.
La seconda forma di determinismo analizzata è il determinismo psicologico, il cui dibattito ruota intorno al conflitto tra volontà e intelletto all’interno dell’anima razionale e cerca di comprendere quale delle due parti predomini. Da questo dibattito ci si collegherà alla differenziazione tra la corrente degli intellettualisti e dei volontaristi, collocando Tommaso d’Aquino a metà tra le due correnti, anche se tradizionalmente è considerato un intellettualista.
Il professor Porro prosegue la trattazione riprendendo l’Etica Nicomachea di Aristotele. Emergerà come dal lessico aristotelico non risulti possibile estrapolare un vero e proprio concetto di volontà. Sarà quindi illustrato il vocabolario aristotelico dell’agire e dei suoi principi. Il professor Porro paragonerà il lessico aristotelico con la corrispondente traduzione di Tommaso d’Aquino, da cui emergeranno delle ambiguità. Sarà quindi fatta un’analisi terminologica del lessico impiegato da Tommaso comparandolo sempre con la concezione aristotelica.
Il professor Porro prosegue la trattazione riprendendo l’Etica Nicomachea di Aristotele. Emergerà come dal lessico aristotelico non risulti possibile estrapolare un vero e proprio concetto di volontà. Sarà quindi illustrato il vocabolario aristotelico dell’agire e dei suoi principi. Il professor Porro paragonerà il lessico aristotelico con la corrispondente traduzione di Tommaso d’Aquino, da cui emergeranno delle ambiguità. Sarà quindi fatta un’analisi terminologica del lessico impiegato da Tommaso comparandolo sempre con la concezione aristotelica.
Il professor Porro prosegue la comparazione tra la concezione del libero arbitrio di Aristotele e quella di Tommaso d’Aquino. In Aristotele non esiste una vera e propria dicotomia tra volontà e intelletto, poiché non c’è una facoltà autonoma della volontà stessa.
Si ritornerà al punto di partenza del dibattito del determinismo psicologico, ovvero: è la ragione che muove la volontà o viceversa?
Secondo Tommaso sono entrambi motori dell’anima. Saranno analizzate nel dettaglio le tematiche dell’esercizio dell’atto e la specificazione dell’atto secondo Tommaso d’Aquino, per arrivare a comprendere in quali casi, sempre secondo Tommaso, la volontà è determinata dall’intelletto e in quali casi no.
Il professor Porro prosegue la comparazione tra la concezione del libero arbitrio di Aristotele e quella di Tommaso d’Aquino. In Aristotele non esiste una vera e propria dicotomia tra volontà e intelletto, poiché non c’è una facoltà autonoma della volontà stessa.
Si ritornerà al punto di partenza del dibattito del determinismo psicologico, ovvero: è la ragione che muove la volontà o viceversa?
Secondo Tommaso sono entrambi motori dell’anima. Saranno analizzate nel dettaglio le tematiche dell’esercizio dell’atto e la specificazione dell’atto secondo Tommaso d’Aquino, per arrivare a comprendere in quali casi, sempre secondo Tommaso, la volontà è determinata dall’intelletto e in quali casi no.
Il professor Porro prosegue l’incontro trattando le due forme restanti di determinismo legate alle minacce esterne per il libero arbitrio: determinismo astrale e determinismo provvidenziale.
Sarà trattata la posizione di Tommaso riguardo il determinismo astrale, secondo cui l’influsso dei corpi celesti condiziona solo i corpi degli uomini e non le menti razionali. Pertanto il saggio sarà immune all’influsso degli astri.
Più complesso è il determinismo provvidenziale. Viene ripreso il commento scritto da Tommaso d’Aquino sul sesto libro della Metafisica di Aristotele. In quest’opera Aristotele è assolutamente anti-determinista, poiché nega che tutte le cause accidentali possano essere riportate a cause essenziali (quindi all’intelletto o alla natura). Anche Tommaso nega il fatalismo ma sostiene che non esistano cause accidentali non previste da Dio. Nulla sfugge all’ordine divino, ma allo stesso tempo permarrà la contingenza nel mondo...
Il professor Porro prosegue l’incontro trattando le due forme restanti di determinismo legate alle minacce esterne per il libero arbitrio: determinismo astrale e determinismo provvidenziale.
Sarà trattata la posizione di Tommaso riguardo il determinismo astrale, secondo cui l’influsso dei corpi celesti condiziona solo i corpi degli uomini e non le menti razionali. Pertanto il saggio sarà immune all’influsso degli astri.
Più complesso è il determinismo provvidenziale. Viene ripreso il commento scritto da Tommaso d’Aquino sul sesto libro della Metafisica di Aristotele. In quest’opera Aristotele è assolutamente anti-determinista, poiché nega che tutte le cause accidentali possano essere riportate a cause essenziali (quindi all’intelletto o alla natura). Anche Tommaso nega il fatalismo ma sostiene che non esistano cause accidentali non previste da Dio. Nulla sfugge all’ordine divino, ma allo stesso tempo permarrà la contingenza nel mondo...
In quest’ultima parte della trattazione, il professor Porro conclude la discussione sul modello previdenziale di Tommaso d’Aquino. secondo Tommaso gli eventi del mondo rimangono contingenti nonostante esista una prescienza divina. La necessità con cui Dio conosce gli eventi è una necessità ipotetica o condizionale, non assoluta.
Si proseguirà con l’analisi sul tema della scelta del male. Secondo Tommaso la possibilità di scelta del male si annida sempre in un errore nel sillogismo pratico. Saranno analizzati i quattro casi di caratteri umani individuati da Tommaso d’Aquino: temperante, intemperante, continente, incontinente. Due casi individuati utilizzeranno un ragionamento sillogistico corretto, gli altri due seguiranno un ragionamento sillogistico errato.
Il professor Porro terminerà l’incontro analizzando la posizione di Tommaso sempre sul tema della scelta del male in rapporto all’agire degli agenti razionali perfetti (gli angeli).
In quest’ultima parte della trattazione, il professor Porro conclude la discussione sul modello previdenziale di Tommaso d’Aquino. secondo Tommaso gli eventi del mondo rimangono contingenti nonostante esista una prescienza divina. La necessità con cui Dio conosce gli eventi è una necessità ipotetica o condizionale, non assoluta.
Si proseguirà con l’analisi sul tema della scelta del male. Secondo Tommaso la possibilità di scelta del male si annida sempre in un errore nel sillogismo pratico. Saranno analizzati i quattro casi di caratteri umani individuati da Tommaso d’Aquino: temperante, intemperante, continente, incontinente. Due casi individuati utilizzeranno un ragionamento sillogistico corretto, gli altri due seguiranno un ragionamento sillogistico errato.
Il professor Porro terminerà l’incontro analizzando la posizione di Tommaso sempre sul tema della scelta del male in rapporto all’agire degli agenti razionali perfetti (gli angeli).
Il professor Marco Ferrari introduce il terzo incontro della bottega di filosofia con il professor Guido Alliney, professore di storia medievale presso l’Università degli studi di Macerata.
Il professor Alliney affronterà un’altro grande problema della filosofia medievale, ovvero il rapporto tra volontà e ragione, approfondendo il pensiero di tre autori che generalmente non sono trattati nei corsi scolastici di filosofia: Sigieri di Brabante, Goffredo di Fontaines, Enrico di Gand. Sarà affrontato il modo cui questi autori hanno spiegato l’origine della libertà nell’uomo.
Il professor Marco Ferrari introduce il terzo incontro della bottega di filosofia con il professor Guido Alliney, professore di storia medievale presso l’Università degli studi di Macerata.
Il professor Alliney affronterà un’altro grande problema della filosofia medievale, ovvero il rapporto tra volontà e ragione, approfondendo il pensiero di tre autori che generalmente non sono trattati nei corsi scolastici di filosofia: Sigieri di Brabante, Goffredo di Fontaines, Enrico di Gand. Sarà affrontato il modo cui questi autori hanno spiegato l’origine della libertà nell’uomo.
Il professor Alliney introduce con una panoramica generale la trattazione che andrà ad affrontare. Il medioevo è uno snodo importante per la formazione del pensiero moderno. In particolare il volontarismo rappresenta un dibattito importante nella seconda metà del XIII secolo e rappresenta un collegamento tra pensiero antico e pensiero tardo-antico. In Aristotele manca una concezione della volontà come facoltà psichica diversa dalla ragione. Difatti nell’aristotelismo si arriva a concepire un bipolarismo psicologico umano costituito dall’intelletto (ragion pratica) e dalla volontà. Il dibattito suscitato da tale concezione verte sulla seguente domanda: quale parte dell’anima è superiore: l’intelletto o la volontà?
Considerando l’eredità lasciata da questo dibattito alle correnti future, sarà accennato come nella modernità si propenderà a dare il primato alla volontà. Sarà presa in analisi nel corso della trattazione anche la figura di Tommaso d’Aquino, considerato da alcuni un intellettualista, da altri un volontarista moderato.
Il professor Alliney introduce con una panoramica generale la trattazione che andrà ad affrontare. Il medioevo è uno snodo importante per la formazione del pensiero moderno. In particolare il volontarismo rappresenta un dibattito importante nella seconda metà del XIII secolo e rappresenta un collegamento tra pensiero antico e pensiero tardo-antico. In Aristotele manca una concezione della volontà come facoltà psichica diversa dalla ragione. Difatti nell’aristotelismo si arriva a concepire un bipolarismo psicologico umano costituito dall’intelletto (ragion pratica) e dalla volontà. Il dibattito suscitato da tale concezione verte sulla seguente domanda: quale parte dell’anima è superiore: l’intelletto o la volontà?
Considerando l’eredità lasciata da questo dibattito alle correnti future, sarà accennato come nella modernità si propenderà a dare il primato alla volontà. Sarà presa in analisi nel corso della trattazione anche la figura di Tommaso d’Aquino, considerato da alcuni un intellettualista, da altri un volontarista moderato.
Il professor Alliney prosegue l’incontro introducendo la figura di Sigieri di Brabante, un intellettualista dell’averroismo latino, ovvero un’aristotelismo radicale. Sigieri concepisce il libero arbitrio come spontaneità del volere che viene però mosso da una causa antecedente, ovvero il giudizio della ragione.
Emergerà la tendenza degli autori medievali a schematizzare il pensiero di Aristotele, in base al loro desiderio di avere dei modelli filosofici stabili. Si osserverà come da Tommaso d’Aquino in poi il giudizio della ragione pratico è sempre concepito come un sillogismo pratico.
Il professor Alliney prosegue l’incontro introducendo la figura di Sigieri di Brabante, un intellettualista dell’averroismo latino, ovvero un’aristotelismo radicale. Sigieri concepisce il libero arbitrio come spontaneità del volere che viene però mosso da una causa antecedente, ovvero il giudizio della ragione.
Emergerà la tendenza degli autori medievali a schematizzare il pensiero di Aristotele, in base al loro desiderio di avere dei modelli filosofici stabili. Si osserverà come da Tommaso d’Aquino in poi il giudizio della ragione pratico è sempre concepito come un sillogismo pratico.
Il professor Alliney prosegue l’incontro illustrando la figura di Goffredo di Fontaines, teologo intellettualista, secondo cui la volontà può perseguire solo il volere della ragione.
Secondo Goffredo di Fontaines la volontà e l’intelletto sono liberi tutti e due perché sono parti della mente umana che è unitaria. Inoltre la libertà aumenta in base all’assenza di materia: più una potenza è affrancata dalla materia più è libera. La libertà non è connessa alla scelta, ma si è liberi se si è agenti immateriali. Quindi la libertà è uno stato di perfezione che viene raggiunto.
Si concluderà constatando che sia per Sigieri sia per Goffredo la moralità dell’individuo è data dalla razionalità.
Il professor Alliney prosegue l’incontro illustrando la figura di Goffredo di Fontaines, teologo intellettualista, secondo cui la volontà può perseguire solo il volere della ragione.
Secondo Goffredo di Fontaines la volontà e l’intelletto sono liberi tutti e due perché sono parti della mente umana che è unitaria. Inoltre la libertà aumenta in base all’assenza di materia: più una potenza è affrancata dalla materia più è libera. La libertà non è connessa alla scelta, ma si è liberi se si è agenti immateriali. Quindi la libertà è uno stato di perfezione che viene raggiunto.
Si concluderà constatando che sia per Sigieri sia per Goffredo la moralità dell’individuo è data dalla razionalità.
il professor Alliney prosegue la sua trattazione illustrando il pensiero di Enrico di Gand.
Per Enrico di Gand il centro della personalità umana è la volontà e le scelte sono guidate dalla propria autodeterminazione, dopo il giudizio della ragione. A differenza di Goffredo la volontà può scegliere se accettare il giudizio della ragione. Quindi la struttura morale di un soggetto sarà data dal suo aspetto desiderativo, ovvero il mio peccato è determinato da ciò che desidero e non da come ragiono.
Per tutti gli autori intellettualisti trattati la volontà è implicitamente volta verso il Bene, non può desiderare il Male. Permane comunque un margine di incertezza legato alla volontà umana, la quale potrebbe comunque volgersi verso il peccato, poiché siamo creature ontologicamente deboli.
il professor Alliney prosegue la sua trattazione illustrando il pensiero di Enrico di Gand.
Per Enrico di Gand il centro della personalità umana è la volontà e le scelte sono guidate dalla propria autodeterminazione, dopo il giudizio della ragione. A differenza di Goffredo la volontà può scegliere se accettare il giudizio della ragione. Quindi la struttura morale di un soggetto sarà data dal suo aspetto desiderativo, ovvero il mio peccato è determinato da ciò che desidero e non da come ragiono.
Per tutti gli autori intellettualisti trattati la volontà è implicitamente volta verso il Bene, non può desiderare il Male. Permane comunque un margine di incertezza legato alla volontà umana, la quale potrebbe comunque volgersi verso il peccato, poiché siamo creature ontologicamente deboli.
L’ultima parte dell’intervento del professor Alliney volge ancora l’attenzione a Enrico di Gand. Secondo questo autore libertà e necessità possono coesistere. Questa concezione si lega all’ambivalenza del concetto di natura: da un lato si ha la naturale costituzione del soggetto, dall’altra la naturalità dell’azione, ovvero ci troviamo ad agire in un certo modo perché vi è una necessità di fondo.
Saranno messi a confronto le posizioni di Scoto ed Enrico di Gand analizzando le critiche mosse da Scoto verso Enrico di Gand e le relative posizioni di quest’ultimo autore.
L’ultima parte dell’intervento del professor Alliney volge ancora l’attenzione a Enrico di Gand. Secondo questo autore libertà e necessità possono coesistere. Questa concezione si lega all’ambivalenza del concetto di natura: da un lato si ha la naturale costituzione del soggetto, dall’altra la naturalità dell’azione, ovvero ci troviamo ad agire in un certo modo perché vi è una necessità di fondo.
Saranno messi a confronto le posizioni di Scoto ed Enrico di Gand analizzando le critiche mosse da Scoto verso Enrico di Gand e le relative posizioni di quest’ultimo autore.
Il professor Ghisalberti introduce gli aspetti che saranno trattati durante l’incontro: il tema chiave della libertà, non solo a livello etico ma anche a livello antropologico, e il nesso tra libertà e volontà, ovvero tutto ciò che a partire da Aristotele è significativo nell’etica della morale. Il contesto storico in cui Ockham ha sviluppato la sua concezione è difatti caratterizzato dalla discussione sull’etica aristotelica. Saranno quindi ripercorse le rivisitazioni della concezione aristotelica degli autori e delle correnti del periodo sul tema della libertà e della volontà.
Il professor Ghisalberti introduce gli aspetti che saranno trattati durante l’incontro: il tema chiave della libertà, non solo a livello etico ma anche a livello antropologico, e il nesso tra libertà e volontà, ovvero tutto ciò che a partire da Aristotele è significativo nell’etica della morale. Il contesto storico in cui Ockham ha sviluppato la sua concezione è difatti caratterizzato dalla discussione sull’etica aristotelica. Saranno quindi ripercorse le rivisitazioni della concezione aristotelica degli autori e delle correnti del periodo sul tema della libertà e della volontà.
Il professor Ghisalberti conclude l’incontro dedicato alla trattazione di Guglielmo da Ockham mettendo in luce le differenze tra etica aristotelica ed etica cristiana. Ci sono dei gradi delle virtù secondo Ockham, dai quali si arriva a comprendere la differenza tra le due etiche. Saranno illustrati i cinque gradi di virtù dal livello base della morale fino alla virtù eroica.
La divergenza tra filosofi e cristiani emergerà anche dall’analisi delle finalità delle pratiche di alcune morali (sarà esemplificata la pratica dell’astinenza), ovvero perché compio un determinato atto. Se la finalità intenzionale dell’atto è per amore di Dio, in questo caso compio un atto di carità, ed è proprio la carità a differenziare in modo sostanziale l’etica cristiana dall’etica filosofica. Si ha quindi un volontarismo centrato sul primato di carità.
Il professor Ghisalberti conclude l’incontro dedicato alla trattazione di Guglielmo da Ockham mettendo in luce le differenze tra etica aristotelica ed etica cristiana. Ci sono dei gradi delle virtù secondo Ockham, dai quali si arriva a comprendere la differenza tra le due etiche. Saranno illustrati i cinque gradi di virtù dal livello base della morale fino alla virtù eroica.
La divergenza tra filosofi e cristiani emergerà anche dall’analisi delle finalità delle pratiche di alcune morali (sarà esemplificata la pratica dell’astinenza), ovvero perché compio un determinato atto. Se la finalità intenzionale dell’atto è per amore di Dio, in questo caso compio un atto di carità, ed è proprio la carità a differenziare in modo sostanziale l’etica cristiana dall’etica filosofica. Si ha quindi un volontarismo centrato sul primato di carità.
Il professor Ghisalberti prosegue l’incontro introducendo il testo principe in cui Ockham parla della libertà come contingenza, commento al primo libro delle Sentenze, distinzione prima, questione 6.
Sarà evidenziato come Ockham non contrasti la posizione di Sant’Agostino nel sostenere la sua concezione di libero arbitrio. Nonostante Ockham critichi molti suoi predecessori, ciò non accade nei confronti della produzione Sant’Agostino. Nessun’autore del XIII e XIV secolo, ha mai di fatto contrastato Sant’Agostino.
Il professor Ghisalberti prosegue l’incontro introducendo il testo principe in cui Ockham parla della libertà come contingenza, commento al primo libro delle Sentenze, distinzione prima, questione 6.
Sarà evidenziato come Ockham non contrasti la posizione di Sant’Agostino nel sostenere la sua concezione di libero arbitrio. Nonostante Ockham critichi molti suoi predecessori, ciò non accade nei confronti della produzione Sant’Agostino. Nessun’autore del XIII e XIV secolo, ha mai di fatto contrastato Sant’Agostino.
Il professor Ghisalberti introduce il primo punto della trattazione del rapporto ”libertà e volontà”, la quale s’inserisce nella tradizione della scolastica tardo medievale, secondo cui non esiste il male sostanziale. La volontà, libera di agire, attuerà le sue scelte sempre all’interno di uno spazio che coinciderà solo con il bene, poiché l’essere coincide con il bene. Il male può essere scelto perché è un bene in apparenza...
Il professor Ghisalberti introduce il primo punto della trattazione del rapporto ”libertà e volontà”, la quale s’inserisce nella tradizione della scolastica tardo medievale, secondo cui non esiste il male sostanziale. La volontà, libera di agire, attuerà le sue scelte sempre all’interno di uno spazio che coinciderà solo con il bene, poiché l’essere coincide con il bene. Il male può essere scelto perché è un bene in apparenza...
Un’atto è virtuoso o buono solo se accompagnato dall’atto di dover seguire la retta ragione. Ockham recupera il criterio fondativo dell’etica di Aristotele secondo cui tutte le virtù etiche sono regolate dal giusto mezzo, per stabilire qual’è il giusto mezzo occorre che ci sia la ragione (il logos del buono). Sarà analizzato il cambio di terminologia adoperato da Ockham rispetto ad Aristotele: scompare in Ockham il termine ”sinderesi” per sostituirlo con ”prudenza” e ”retta ratio”.
Un’atto è virtuoso o buono solo se accompagnato dall’atto di dover seguire la retta ragione. Ockham recupera il criterio fondativo dell’etica di Aristotele secondo cui tutte le virtù etiche sono regolate dal giusto mezzo, per stabilire qual’è il giusto mezzo occorre che ci sia la ragione (il logos del buono). Sarà analizzato il cambio di terminologia adoperato da Ockham rispetto ad Aristotele: scompare in Ockham il termine ”sinderesi” per sostituirlo con ”prudenza” e ”retta ratio”.
Il professor Ghisalberti analizzerà nel dettaglio quelle tematiche che sono state sviluppate in maniera molto personale da Ockham cercando di far emergere le peculiarità proprie dell’autore. Saranno tratte conclusioni molto differenti da quelle generalmente conosciute, andando oltre le interpretazioni e le etichette solitamente attribuite a Ockham, come quella del volontarismo. Saranno condotte riflessioni sul tema degli atti morali e su come Ockham mette connessione le virtù morali con la prudenza.
Il professor Ghisalberti analizzerà nel dettaglio quelle tematiche che sono state sviluppate in maniera molto personale da Ockham cercando di far emergere le peculiarità proprie dell’autore. Saranno tratte conclusioni molto differenti da quelle generalmente conosciute, andando oltre le interpretazioni e le etichette solitamente attribuite a Ockham, come quella del volontarismo. Saranno condotte riflessioni sul tema degli atti morali e su come Ockham mette connessione le virtù morali con la prudenza.
In questo nuovo incontro de ”La bottega di filosofia” il professor Marco LaManna introdurrà nuovi punti di vista emersi dai suoi studi reinterpretativi condotti sulla stagione umanistica-rinascimentale in Italia.
Ricostruzioni attuali dell’italian theory, provenienti dal mondo anglo-americano, individuano l’uomo dell’umanesimo e del rinascimento come elemento chiave da cui trarre spunto.
Saranno individuati i tre assi portanti attorno ai quali ruota l’italian theory: politica, storia, laicità.
Sarà evidenziata la distinzione tra ideologia umanistica e umanesimo: con la prima s’intende la rappresentazione più conosciuta che l’umanesimo tende a dare di sé, e riguarda temi come la centralità e l’eccellenza dell’uomo. Aldilà dell’ideologia e della parvenza, saranno messi in luce aspetti meno conosciuti dell’umanesimo. Quest’ultimo va inteso come fatto brutale, fa emergere elementi come il timbro della tragicità, l’incapacità umana di accedere al significato ultimo della vita. Il destino ultimo della vita si fa sempre più enigmatico e incomprensibile, di conseguenza la divinità sarà concepita come indifferente alle vicende umane.
In questo nuovo incontro de ”La bottega di filosofia” il professor Marco LaManna introdurrà nuovi punti di vista emersi dai suoi studi reinterpretativi condotti sulla stagione umanistica-rinascimentale in Italia.
Ricostruzioni attuali dell’italian theory, provenienti dal mondo anglo-americano, individuano l’uomo dell’umanesimo e del rinascimento come elemento chiave da cui trarre spunto.
Saranno individuati i tre assi portanti attorno ai quali ruota l’italian theory: politica, storia, laicità.
Sarà evidenziata la distinzione tra ideologia umanistica e umanesimo: con la prima s’intende la rappresentazione più conosciuta che l’umanesimo tende a dare di sé, e riguarda temi come la centralità e l’eccellenza dell’uomo. Aldilà dell’ideologia e della parvenza, saranno messi in luce aspetti meno conosciuti dell’umanesimo. Quest’ultimo va inteso come fatto brutale, fa emergere elementi come il timbro della tragicità, l’incapacità umana di accedere al significato ultimo della vita. Il destino ultimo della vita si fa sempre più enigmatico e incomprensibile, di conseguenza la divinità sarà concepita come indifferente alle vicende umane.
La discussione prosegue sul tema della tragicità dell’umanesimo. L’intento del prof. LaManna è cercare di capire quanto questo punto di vista sulla tragicità della condizione umana intesa come segno dell’impossibilità, come incapacità di accedere al significato ultimo della della vita, sia effettivamente appurato e riconosciuto.
Per comprendere il timbro tragico dell’età umanistico-rinascimentale è ineliminabile come termine di paragone il cristianesimo, perché è in rapporto con esso che questa tragicità permette di rendere più evidenti le sue caratteristiche di fondo.
Nella stagione umanistica-rinascimentale viene reinterpretato il concetto di libertà dell’uomo rispetto a quella che era la proposta del fatta dalla Chiesa di Roma, fino ad arrivare a un’inversione di polarità rispetto all’ontologia cristiana.
La discussione prosegue sul tema della tragicità dell’umanesimo. L’intento del prof. LaManna è cercare di capire quanto questo punto di vista sulla tragicità della condizione umana intesa come segno dell’impossibilità, come incapacità di accedere al significato ultimo della della vita, sia effettivamente appurato e riconosciuto.
Per comprendere il timbro tragico dell’età umanistico-rinascimentale è ineliminabile come termine di paragone il cristianesimo, perché è in rapporto con esso che questa tragicità permette di rendere più evidenti le sue caratteristiche di fondo.
Nella stagione umanistica-rinascimentale viene reinterpretato il concetto di libertà dell’uomo rispetto a quella che era la proposta del fatta dalla Chiesa di Roma, fino ad arrivare a un’inversione di polarità rispetto all’ontologia cristiana.
Prosegue la trattazione con la tradizione Pico-Sartre. Eugenio Garin aveva posto in relazione questi due autori molto distanti tra loro, individuando come nesso il concetto ”essere uomo come essere libero”.
In Pico l’uomo riceve da Dio la sua libertà mentre in Sartre il tema del ricevere è completamente eliminato, ma l’uomo è completamente assegnato alla sua libertà, con la conseguente eliminazione della natura umana. In Pico il tema dell’eliminazione della natura umana rappresenta un punto di rottura, ma che viene trattato sempre attraverso una narrazione e un lessico proprio del testo sacro e della tradizione ebraico-cristiana.
Sarà analizzato un passo da ”El libro dell’amore” di Marsilio Ficino, da cui emergerà un forte platonismo e una gnosologia incentrata sul tema delle ombre e dell’immagine esemplare,
Si passerà in seguito alla seconda sessione dell’incontro, intitolata dal prof. LaManna ”dall’anti-cristianesimo al post-cristianesimo”.
Prosegue la trattazione con la tradizione Pico-Sartre. Eugenio Garin aveva posto in relazione questi due autori molto distanti tra loro, individuando come nesso il concetto ”essere uomo come essere libero”.
In Pico l’uomo riceve da Dio la sua libertà mentre in Sartre il tema del ricevere è completamente eliminato, ma l’uomo è completamente assegnato alla sua libertà, con la conseguente eliminazione della natura umana. In Pico il tema dell’eliminazione della natura umana rappresenta un punto di rottura, ma che viene trattato sempre attraverso una narrazione e un lessico proprio del testo sacro e della tradizione ebraico-cristiana.
Sarà analizzato un passo da ”El libro dell’amore” di Marsilio Ficino, da cui emergerà un forte platonismo e una gnosologia incentrata sul tema delle ombre e dell’immagine esemplare,
Si passerà in seguito alla seconda sessione dell’incontro, intitolata dal prof. LaManna ”dall’anti-cristianesimo al post-cristianesimo”.
Prosegue l’analisi del testo tratto da ”Momo o del principe” di Leon Battista Alberti, dal quale vengono messi in rilievo due poli opposti che vanno dall’anti-cristianesimo al post-cristianesimo. Da un lato si presenterà il tema dell’invidia, dell’ostilità degli dei verso le vicende umane, dall’altro si affaccia il tema dell’indifferenza riguardo al rapporto tra uomo e divinità. Troviamo un’umanità affranta dall’ostilità, dall’invidia e dall’indifferenza della divinità, che lo sottopone a un destino infausto. L’unico modo per trovare riscatto è la politica.
Nell’ultima parte dell’incontro sarà preso in analisi Giordano Bruno e la sua concezione della divinità. Per Bruno Dio è assoluto e anche indifferente, non si compromette con le vicende umane. L’uomo sapiente di Bruno può rispondere a cotanta indifferenza divina solo con altrettanta indifferenza.
Prosegue l’analisi del testo tratto da ”Momo o del principe” di Leon Battista Alberti, dal quale vengono messi in rilievo due poli opposti che vanno dall’anti-cristianesimo al post-cristianesimo. Da un lato si presenterà il tema dell’invidia, dell’ostilità degli dei verso le vicende umane, dall’altro si affaccia il tema dell’indifferenza riguardo al rapporto tra uomo e divinità. Troviamo un’umanità affranta dall’ostilità, dall’invidia e dall’indifferenza della divinità, che lo sottopone a un destino infausto. L’unico modo per trovare riscatto è la politica.
Nell’ultima parte dell’incontro sarà preso in analisi Giordano Bruno e la sua concezione della divinità. Per Bruno Dio è assoluto e anche indifferente, non si compromette con le vicende umane. L’uomo sapiente di Bruno può rispondere a cotanta indifferenza divina solo con altrettanta indifferenza.
Grassi sottolinea come la storia della filosofia medievale venga generalmente ignorata nella scuola secondaria superiore. Questo avviene a causa di pregiudizi intellettuali o ideologici, secondo i quali nel Medioevo non ci sarebbe filosofia: le riflessioni medievali sono interpretate come una ripetizione della filosofia greca oppure vengono criticate per l’inconsistenza dei problemi affrontati e per la debolezza del metodo di ricerca usato (l’argomentazione si basa sull’autorità).
Grassi sottolinea come la storia della filosofia medievale venga generalmente ignorata nella scuola secondaria superiore. Questo avviene a causa di pregiudizi intellettuali o ideologici, secondo i quali nel Medioevo non ci sarebbe filosofia: le riflessioni medievali sono interpretate come una ripetizione della filosofia greca oppure vengono criticate per l’inconsistenza dei problemi affrontati e per la debolezza del metodo di ricerca usato (l’argomentazione si basa sull’autorità).
In questo video vengono affrontate le argomentazioni secondo le quali la filosofia medievale non sarebbe vera filosofia. Molti sono gli autori medievali e moderni, tra gli ultimi Jacques Maritain e Sofia Vanni Rovighi, che hanno discusso il rapporto tra il pensiero razionale e l’esperienza religiosa. Il primo argomento contrario alla filosofia medievale riguarda l’incombenza dell’autorità ecclesiastica sul pensiero filosofico, il quale per essere tale deve essere spregiudicato e deve mettere in discussione il senso comune. Il secondo argomento richiama invece il fatto che la filosofia nel Medioevo non era una professione distinta, ma connessa ad altri saperi.
In questo video vengono affrontate le argomentazioni secondo le quali la filosofia medievale non sarebbe vera filosofia. Molti sono gli autori medievali e moderni, tra gli ultimi Jacques Maritain e Sofia Vanni Rovighi, che hanno discusso il rapporto tra il pensiero razionale e l’esperienza religiosa. Il primo argomento contrario alla filosofia medievale riguarda l’incombenza dell’autorità ecclesiastica sul pensiero filosofico, il quale per essere tale deve essere spregiudicato e deve mettere in discussione il senso comune. Il secondo argomento richiama invece il fatto che la filosofia nel Medioevo non era una professione distinta, ma connessa ad altri saperi.
La filosofia medievale tende a essere identificata con la Scolastica, che soffre di un giudizio negativo perché viene spesso interpretata come “fossilizzazione” del pensiero, a causa della sua presunta astrattezza. Inoltre la filosofia medievale viene talvolta accusata di danneggiare il pensiero cristiano nel tentativo di razionalizzarlo. Secondo Grassi queste sono giustificazioni morali diffuse negli ultimi decenni per non insegnare filosofia medievale nei licei. Ci sono stati però filosofi, come Giovanni Gentile e Mario Dal Pra, che hanno lottato per l’apertura e l’affermazione di cattedre di filosofia medievale.
La filosofia medievale tende a essere identificata con la Scolastica, che soffre di un giudizio negativo perché viene spesso interpretata come “fossilizzazione” del pensiero, a causa della sua presunta astrattezza. Inoltre la filosofia medievale viene talvolta accusata di danneggiare il pensiero cristiano nel tentativo di razionalizzarlo. Secondo Grassi queste sono giustificazioni morali diffuse negli ultimi decenni per non insegnare filosofia medievale nei licei. Ci sono stati però filosofi, come Giovanni Gentile e Mario Dal Pra, che hanno lottato per l’apertura e l’affermazione di cattedre di filosofia medievale.
Perché insegnare filosofia medievale nei licei? Grassi risponde a questa domanda spiegando che l’obiettivo delle arti, della filosofia e della letteratura è comprendere e far vedere la realtà. L’educazione intellettuale, come è stata definita dal filosofo inglese John Henry Newmann, è lo strumento che ci dà la struttura per vedere il mondo. Eppure risulta danneggiata dall’impostazione data alla formazione nella scuola secondaria superiore: l’insegnamento è infatti orientato alla professionalizzazione delle competenze, determinando così una riduzione degli studi umanistici.
Perché insegnare filosofia medievale nei licei? Grassi risponde a questa domanda spiegando che l’obiettivo delle arti, della filosofia e della letteratura è comprendere e far vedere la realtà. L’educazione intellettuale, come è stata definita dal filosofo inglese John Henry Newmann, è lo strumento che ci dà la struttura per vedere il mondo. Eppure risulta danneggiata dall’impostazione data alla formazione nella scuola secondaria superiore: l’insegnamento è infatti orientato alla professionalizzazione delle competenze, determinando così una riduzione degli studi umanistici.
Grassi si avvicina al perché occorra studiare storia della filosofia medievale nei licei, affrontando la questione della legittimità e dello spazio degli studi umanistici nelle scuole. La filosofia ha la capacità di affrontare il tema del senso del sapere, della libertà umana e della vita. Tramite la filosofia lo studente raggiunge una coscienza critica, in quanto si interroga sul mondo e diventa sensibile all’altro. Inoltre la capacità di insegnare a pensare, rende la filosofia un momento essenziale di formazione.
Grassi si avvicina al perché occorra studiare storia della filosofia medievale nei licei, affrontando la questione della legittimità e dello spazio degli studi umanistici nelle scuole. La filosofia ha la capacità di affrontare il tema del senso del sapere, della libertà umana e della vita. Tramite la filosofia lo studente raggiunge una coscienza critica, in quanto si interroga sul mondo e diventa sensibile all’altro. Inoltre la capacità di insegnare a pensare, rende la filosofia un momento essenziale di formazione.
Il mito del Medioevo come età di passaggio, storicamente debole, è da superare. Grassi sostiene che il Medioevo ha una sua filosofia generale, come capacità generale di cogliere il senso del mondo, e una sua filosofia specifica, cioè modi distinti di teorizzare. Inoltre non possiamo identificare la filosofia medievale con la Scolastica, perché ci sono tante scolastiche e molte filosofie medievali. Siamo di fronte a pensiero filosofico ricco, che presenta una periodizzazione complessa. Grassi ritiene dunque che l’insegnamento della filosofia medievale renda possibile il fondamentale incontro con l’arte del pensare degli autori medievali.
Il mito del Medioevo come età di passaggio, storicamente debole, è da superare. Grassi sostiene che il Medioevo ha una sua filosofia generale, come capacità generale di cogliere il senso del mondo, e una sua filosofia specifica, cioè modi distinti di teorizzare. Inoltre non possiamo identificare la filosofia medievale con la Scolastica, perché ci sono tante scolastiche e molte filosofie medievali. Siamo di fronte a pensiero filosofico ricco, che presenta una periodizzazione complessa. Grassi ritiene dunque che l’insegnamento della filosofia medievale renda possibile il fondamentale incontro con l’arte del pensare degli autori medievali.
In che cosa consiste la filosofia medievale? In questo ultimo video Grassi si propone di risponde a questa domanda. L’arte medievale del pensare è suddivisa in due modi, l’arte del leggere e l’arte del disputare. Leggere e disputare sono le attività grazie alle quali si può argomentare usando i soli strumenti della ragione. Secondo Grassi si possono riconoscere due costanti della filosofia medievale: l’amore all’Essere e l’amore alla Verità. Il desiderio dei medievali è conoscere la verità insieme, tramite la lettura e la disputa, sforzandosi di produrre definizioni precise e fornire dimostrazioni corrette. La filosofia medievale è per sua natura interconnessa ad altre discipline, come la magia, la storia, la politica e la religione, ma conserva caratteristiche proprie che rendono l’arte del pensare medievale degna di essere insegnata.
In che cosa consiste la filosofia medievale? In questo ultimo video Grassi si propone di risponde a questa domanda. L’arte medievale del pensare è suddivisa in due modi, l’arte del leggere e l’arte del disputare. Leggere e disputare sono le attività grazie alle quali si può argomentare usando i soli strumenti della ragione. Secondo Grassi si possono riconoscere due costanti della filosofia medievale: l’amore all’Essere e l’amore alla Verità. Il desiderio dei medievali è conoscere la verità insieme, tramite la lettura e la disputa, sforzandosi di produrre definizioni precise e fornire dimostrazioni corrette. La filosofia medievale è per sua natura interconnessa ad altre discipline, come la magia, la storia, la politica e la religione, ma conserva caratteristiche proprie che rendono l’arte del pensare medievale degna di essere insegnata.
Massimo Borghesi, ordinario di filosofia morale all’Università di Perugia, ci presenterà il pensiero di Agostino e Gioacchino da Fiore, prestando particolare attenzione agli echi e ai rimandi delle loro riflessioni sulla filosofia moderna e contemporanea. La lezione seguirà l’interpretazione fornita da Borghesi in due sue opere recenti:
1. Critica della teologia politica. Da Agostino a Peterson: la fine dell’era costantiniana, Marietti, Genova 2013.
2. L’età dello spirito. Secolarizzazione ed escatologia moderna, Studium, Roma 2008.
Massimo Borghesi, ordinario di filosofia morale all’Università di Perugia, ci presenterà il pensiero di Agostino e Gioacchino da Fiore, prestando particolare attenzione agli echi e ai rimandi delle loro riflessioni sulla filosofia moderna e contemporanea. La lezione seguirà l’interpretazione fornita da Borghesi in due sue opere recenti:
1. Critica della teologia politica. Da Agostino a Peterson: la fine dell’era costantiniana, Marietti, Genova 2013.
2. L’età dello spirito. Secolarizzazione ed escatologia moderna, Studium, Roma 2008.
Il tema affrontato da Borghesi è: “Da Agostino a Gioacchino da Fiore e oltre, critica della teologia politica”. La formula “Da Agostino a Gioacchino da Fiore” è stata più volte riprese nel corso del Novecento, in particolare dal filosofo tedesco Karl Löwith nella sua opera del 1949, Significato e fine della storia. Secondo Löwith, il processo di secolarizzazione consiste nel passaggio dalla teologia della storia medievale alla filosofia della storia moderna, all’interno del quale Gioacchino da Fiore ha un ruolo di “mediatore”: la sua teologia della storia rompe con il modello di Agostino e apre alla visione moderna, laica della storia. Proprio per questo, per Löwith non può reggere una netta distinzione tra filosofia medievale e moderna.
Il tema affrontato da Borghesi è: “Da Agostino a Gioacchino da Fiore e oltre, critica della teologia politica”. La formula “Da Agostino a Gioacchino da Fiore” è stata più volte riprese nel corso del Novecento, in particolare dal filosofo tedesco Karl Löwith nella sua opera del 1949, Significato e fine della storia. Secondo Löwith, il processo di secolarizzazione consiste nel passaggio dalla teologia della storia medievale alla filosofia della storia moderna, all’interno del quale Gioacchino da Fiore ha un ruolo di “mediatore”: la sua teologia della storia rompe con il modello di Agostino e apre alla visione moderna, laica della storia. Proprio per questo, per Löwith non può reggere una netta distinzione tra filosofia medievale e moderna.
La tesi secondo la quale Gioacchino da Fiore sarebbe un “profeta della modernità”, Löwith la riprende dall’opera L’escatologia occidentale (1947) dell’autore ebreo apocalittico Jacob Taubes. Nella lettura di Taubes, il senso della novità che irrompe nella storia la ritroviamo proprio in Gioacchino: con Gesù Cristo non termina la rivelazione, perché l’era cristiana attende una terza età dello spirito dentro il tempo della storia. Taubes considera lo schema Antichità-Medioevo-Era Moderna come la secolarizzazione delle tre epoche del mondo previste da Gioacchino: Età del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo. In questo modo il moderno diventa un’epoca di assoluta novità spirituale.
La tesi secondo la quale Gioacchino da Fiore sarebbe un “profeta della modernità”, Löwith la riprende dall’opera L’escatologia occidentale (1947) dell’autore ebreo apocalittico Jacob Taubes. Nella lettura di Taubes, il senso della novità che irrompe nella storia la ritroviamo proprio in Gioacchino: con Gesù Cristo non termina la rivelazione, perché l’era cristiana attende una terza età dello spirito dentro il tempo della storia. Taubes considera lo schema Antichità-Medioevo-Era Moderna come la secolarizzazione delle tre epoche del mondo previste da Gioacchino: Età del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo. In questo modo il moderno diventa un’epoca di assoluta novità spirituale.
Per analizzare direttamente la posizione di Gioacchino da Fiore è possibile consultare il suo Libro della concordia tra il Nuovo e l’Antico Testamento, che si basa sul presupposto di una perfetta corrispondenza tra i fatti accaduti nell’Antico Testamento e il messaggio del Nuovo Testamento. La concordia viene presentata come una sorta di “simmetria geometrica”, che funziona anche nella corrispondenza tra le epoche della storia e le tre figure della trinità: dopo le epoche storiche che corrispondono al Padre e al Figlio, Gioacchino introduce nella storia un’ulteriore età dello Spirito (a differenza di Agostino che la riteneva invece metastorica).
Per analizzare direttamente la posizione di Gioacchino da Fiore è possibile consultare il suo Libro della concordia tra il Nuovo e l’Antico Testamento, che si basa sul presupposto di una perfetta corrispondenza tra i fatti accaduti nell’Antico Testamento e il messaggio del Nuovo Testamento. La concordia viene presentata come una sorta di “simmetria geometrica”, che funziona anche nella corrispondenza tra le epoche della storia e le tre figure della trinità: dopo le epoche storiche che corrispondono al Padre e al Figlio, Gioacchino introduce nella storia un’ulteriore età dello Spirito (a differenza di Agostino che la riteneva invece metastorica).
Borghesi riprende le interpretazioni dei maggiori studiosi di Gioacchino da Fiore, i quali sottolineano come rispetto alla teologia della storia di Agostino il baricentro sia spostato in avanti: il soggetto reale dei Vangeli sinottici sembra essere lo Spirito simboleggiato e annunciato da Gesù, che diventa quindi profeta del regno dello Spirito. In questo modo, Gioacchino “retrocede” il Nuovo Testamento all’Antico Testamento, perché Gesù non conclude il tempo ma diventa il profeta della terza figura della Trinità. Abbiamo quindi un nuovo messianismo che non ha per oggetto la figura del messia, ma lo Spirito.
Borghesi riprende le interpretazioni dei maggiori studiosi di Gioacchino da Fiore, i quali sottolineano come rispetto alla teologia della storia di Agostino il baricentro sia spostato in avanti: il soggetto reale dei Vangeli sinottici sembra essere lo Spirito simboleggiato e annunciato da Gesù, che diventa quindi profeta del regno dello Spirito. In questo modo, Gioacchino “retrocede” il Nuovo Testamento all’Antico Testamento, perché Gesù non conclude il tempo ma diventa il profeta della terza figura della Trinità. Abbiamo quindi un nuovo messianismo che non ha per oggetto la figura del messia, ma lo Spirito.
Tra Gioacchino come escatologo dell’età dello spirito e Agostino come escatologo della città di Dio è presente una netta divergenza: per Agostino il compimento della storia è possibile solo dopo la fine della storia, perciò bisogna pensare a due città distinte (città terrena e città di Dio); per Gioacchino, invece, il compimento della storia avverrà già in questo mondo. Siccome la città di Dio e la città terrena si unificano nella terza età del mondo (Spirito), viene meno il dualismo agostiniano. In questo senso Gioacchino pone le basi per l’idea del moderno come età superiore, migliore, più alta spiritualmente.
Tra Gioacchino come escatologo dell’età dello spirito e Agostino come escatologo della città di Dio è presente una netta divergenza: per Agostino il compimento della storia è possibile solo dopo la fine della storia, perciò bisogna pensare a due città distinte (città terrena e città di Dio); per Gioacchino, invece, il compimento della storia avverrà già in questo mondo. Siccome la città di Dio e la città terrena si unificano nella terza età del mondo (Spirito), viene meno il dualismo agostiniano. In questo senso Gioacchino pone le basi per l’idea del moderno come età superiore, migliore, più alta spiritualmente.
Il primo a portare il paradigma proposto da Gioacchino da Fiore fuori dall’orbita cristiana è un filosofo tedesco del Settecento, Lessing, con la sua opera Educazione del genere umano, che diventa il manifesto dell’Illuminismo tedesco: egli riprende l’idea delle tre età del mondo, ma descrive la terza età come età della ragione. Lessing elabora il modello della secolarizzazione, tramite la teorizzazione di una nuova religione della ragione. Il moderno nasce quindi una come secolarizzazione dell’idea di Spirito Santo.
Il primo a portare il paradigma proposto da Gioacchino da Fiore fuori dall’orbita cristiana è un filosofo tedesco del Settecento, Lessing, con la sua opera Educazione del genere umano, che diventa il manifesto dell’Illuminismo tedesco: egli riprende l’idea delle tre età del mondo, ma descrive la terza età come età della ragione. Lessing elabora il modello della secolarizzazione, tramite la teorizzazione di una nuova religione della ragione. Il moderno nasce quindi una come secolarizzazione dell’idea di Spirito Santo.
Borghesi propone la distinzione tra teologia della politica e teologia politica: nella prima il momento teologico mantiene la propria trascendenza sul politico; nella seconda esiste invece un rapporto dialettico tra i due, con una teologizzazione del politico e una politicizzazione del teologico. Nella teologia politica non esiste dunque la possibilità di separare le due città: c’è un’unica città, sacrale e temporale. Il cristianesimo introduce la distinzione tra le due città con Agostino. Borghesi ricorda poi l’opposizione tra il filosofo tedesco Carl Schmitt, autore di una celebre opera intitolata Teologia politica, e il teologo Erik Peterson, che nell’opera Monoteismo come problema politico critica duramente la teologia politica di Schmitt e la sua adesione al nazismo.
Borghesi propone la distinzione tra teologia della politica e teologia politica: nella prima il momento teologico mantiene la propria trascendenza sul politico; nella seconda esiste invece un rapporto dialettico tra i due, con una teologizzazione del politico e una politicizzazione del teologico. Nella teologia politica non esiste dunque la possibilità di separare le due città: c’è un’unica città, sacrale e temporale. Il cristianesimo introduce la distinzione tra le due città con Agostino. Borghesi ricorda poi l’opposizione tra il filosofo tedesco Carl Schmitt, autore di una celebre opera intitolata Teologia politica, e il teologo Erik Peterson, che nell’opera Monoteismo come problema politico critica duramente la teologia politica di Schmitt e la sua adesione al nazismo.
Agostino riprende dalla filosofia antica la quadripartizione della virtù morale in prudenza, giustizia, fortezza e temperanza, oltre alla definizione della giustizia come virtù con cui si dà a ciascuno il suo. Egli ripensa però l’eredità classica alla luce della sua originale antropologia e della fede cristiana: l’amore assume un ruolo centrale nella vita morale, perché solo con l’amore l’uomo può aderire a Dio. La giustizia è quindi intesa come un amore che si pone soltanto al servizio di Dio e rispetta l’ordine gerarchico delle cose.
L’uomo può però amare Dio nel modo giusto solo se Dio stesso gli dona la possibilità di farlo, attraverso la grazia: la giustificazione dell’individuo avviene mediante la fede in Cristo, tanto che solo un vero credente può essere veramente giusto.
Agostino riprende dalla filosofia antica la quadripartizione della virtù morale in prudenza, giustizia, fortezza e temperanza, oltre alla definizione della giustizia come virtù con cui si dà a ciascuno il suo. Egli ripensa però l’eredità classica alla luce della sua originale antropologia e della fede cristiana: l’amore assume un ruolo centrale nella vita morale, perché solo con l’amore l’uomo può aderire a Dio. La giustizia è quindi intesa come un amore che si pone soltanto al servizio di Dio e rispetta l’ordine gerarchico delle cose.
L’uomo può però amare Dio nel modo giusto solo se Dio stesso gli dona la possibilità di farlo, attraverso la grazia: la giustificazione dell’individuo avviene mediante la fede in Cristo, tanto che solo un vero credente può essere veramente giusto.
Secondo Anselmo la giustizia in senso morale è quella per cui si genera lode e, come tale, ha sede nella volontà dell’uomo: è una rettitudine della volontà. Le condizioni necessarie perché si dia giustizia sono almeno due: volere ciò che si deve, volere ciò che si deve perché si deve. Queste condizioni sono sufficienti solo se il dovere non è sinonimo di costrizione e non risulta strumentale a ottenere un premio.
Anselmo giunge infine a definire la giustizia come la rettitudine della volontà serbata per se stessa. Tale definizione è valida anche per Dio, in quanto la rettitudine è Dio stesso.
Catapano sottolinea come l’insistenza nel concepire la giustizia come «volere ciò che si deve perché si deve» denoti un’impostazione deontologistica e rigoristica che contraddistingue, e per certi versi isola, la posizione di Anselmo nel panorama etico medievale, dove invece prevale un paradigma eudemonistico.
Secondo Anselmo la giustizia in senso morale è quella per cui si genera lode e, come tale, ha sede nella volontà dell’uomo: è una rettitudine della volontà. Le condizioni necessarie perché si dia giustizia sono almeno due: volere ciò che si deve, volere ciò che si deve perché si deve. Queste condizioni sono sufficienti solo se il dovere non è sinonimo di costrizione e non risulta strumentale a ottenere un premio.
Anselmo giunge infine a definire la giustizia come la rettitudine della volontà serbata per se stessa. Tale definizione è valida anche per Dio, in quanto la rettitudine è Dio stesso.
Catapano sottolinea come l’insistenza nel concepire la giustizia come «volere ciò che si deve perché si deve» denoti un’impostazione deontologistica e rigoristica che contraddistingue, e per certi versi isola, la posizione di Anselmo nel panorama etico medievale, dove invece prevale un paradigma eudemonistico.
Tommaso attribuisce alla giustizia alcune peculiari caratteristiche, che dimostrano come sia almeno in parte debitore delle dottrine aristoteliche presenti nell’Etica Nicomachea. La giustizia, per Tommaso, è infatti «l’abito mediante il quale si dà a ciascuno il suo con un volere costante e perenne». Egli accorda questa definizione con quella presente nel Corpus iuris civilis, secondo la quale «la giustizia è la volontà costante e perpetua che attribuisce a ciascuno il suo diritto».
Catapano sottolinea anche come Tommaso prenda le distanze da Anselmo, per il quale la giustizia era rettitudine in senso essenziale, mentre per Tommaso è rettitudine in senso causale. Inoltre Tommaso non trascura di neutralizzare la definizione agostiniana, nella misura in cui può essere utilizzata per sbilanciare il baricentro della giustizia verso Dio, che invece va individuato per Tommaso nel rapporto con gli altri.
Tommaso attribuisce alla giustizia alcune peculiari caratteristiche, che dimostrano come sia almeno in parte debitore delle dottrine aristoteliche presenti nell’Etica Nicomachea. La giustizia, per Tommaso, è infatti «l’abito mediante il quale si dà a ciascuno il suo con un volere costante e perenne». Egli accorda questa definizione con quella presente nel Corpus iuris civilis, secondo la quale «la giustizia è la volontà costante e perpetua che attribuisce a ciascuno il suo diritto».
Catapano sottolinea anche come Tommaso prenda le distanze da Anselmo, per il quale la giustizia era rettitudine in senso essenziale, mentre per Tommaso è rettitudine in senso causale. Inoltre Tommaso non trascura di neutralizzare la definizione agostiniana, nella misura in cui può essere utilizzata per sbilanciare il baricentro della giustizia verso Dio, che invece va individuato per Tommaso nel rapporto con gli altri.
In questa ora di lezione, Trabattoni privilegia i temi della giustizia affrontando direttamente la lettura dei testi platonici e aristotelici. Aspetto comune ai due filosofi è che la giustizia si possa ritenere una super-virtù, una sorta di somma delle virtù. Lo studioso prende le mosse dal I libro della Repubblica di Platone, lì dove Socrate e Cefalo cominciano a dialogare chiedendosi perché, a titolo di esempio, possa ritenersi ingiusto restituire le armi che un amico, nel frattempo impazzito, ci aveva prestato.
In questa ora di lezione, Trabattoni privilegia i temi della giustizia affrontando direttamente la lettura dei testi platonici e aristotelici. Aspetto comune ai due filosofi è che la giustizia si possa ritenere una super-virtù, una sorta di somma delle virtù. Lo studioso prende le mosse dal I libro della Repubblica di Platone, lì dove Socrate e Cefalo cominciano a dialogare chiedendosi perché, a titolo di esempio, possa ritenersi ingiusto restituire le armi che un amico, nel frattempo impazzito, ci aveva prestato.
La lettura prosegue attraverso l’intuizione sottotraccia che esista un nesso tra giustizia e bene. L’idea che muove la riflessione di Socrate è che un atto dannoso non possa essere giusto, e quindi la giustizia non può ridursi a dire la verità e restituire i debiti. Interviene allora Polemarco, che, forte dell’auctoritas del poeta gnomico Simonide, dice che invece si, la giustizia è ridare a ognuno il dovuto.
La lettura prosegue attraverso l’intuizione sottotraccia che esista un nesso tra giustizia e bene. L’idea che muove la riflessione di Socrate è che un atto dannoso non possa essere giusto, e quindi la giustizia non può ridursi a dire la verità e restituire i debiti. Interviene allora Polemarco, che, forte dell’auctoritas del poeta gnomico Simonide, dice che invece si, la giustizia è ridare a ognuno il dovuto.
Forse la formulazione di Simonide su cosa sia la giustizia non è però del tutto sbagliata, ma va solo riformulata. Infatti, possiamo chiederci: cos’è che un uomo, per essere giusto, deve a un altro uomo? Ossia: non possiamo definire il giusto se non facciamo riferimento al bene, questa è l’idea di fondo di Platone. Come possiamo essere pro o contro qualcosa se non specifichiamo cosa per noi è il bene? Ecco che restituire un debito è giusto se comporta del bene, ingiusto se non comporta del bene per il creditore.
Forse la formulazione di Simonide su cosa sia la giustizia non è però del tutto sbagliata, ma va solo riformulata. Infatti, possiamo chiederci: cos’è che un uomo, per essere giusto, deve a un altro uomo? Ossia: non possiamo definire il giusto se non facciamo riferimento al bene, questa è l’idea di fondo di Platone. Come possiamo essere pro o contro qualcosa se non specifichiamo cosa per noi è il bene? Ecco che restituire un debito è giusto se comporta del bene, ingiusto se non comporta del bene per il creditore.
Allora, Simonide intendeva dire che è giusto non ciò che è dovuto, ma ciò che è utile all’altro. Il bene allora si definisce attraverso l’utile, e si arriva alla paradossale conclusione, che è la stessa di Trasimaco del primo libro della Repubblica, che il bene è l’utile degli altri. Certo, occorre saper capire cosa sia realmente utile all’altro.
Allora, Simonide intendeva dire che è giusto non ciò che è dovuto, ma ciò che è utile all’altro. Il bene allora si definisce attraverso l’utile, e si arriva alla paradossale conclusione, che è la stessa di Trasimaco del primo libro della Repubblica, che il bene è l’utile degli altri. Certo, occorre saper capire cosa sia realmente utile all’altro.
Aristotele propone due concetti di virtù, una ristretta e una larga. La prima è quella legata alla legge. Nell’Etica Nicomachea però egli sottolinea come la giustizia comandi anche virtù come coraggio, temperanza, bonarietà ecc. La giustizia è quindi una sorta di super-virtù in cui è compresa ogni altra virtù, una sorta di metavirtù che sta al di sopra di tutte le altre. È esercizio della virtù nella sua completezza, perché chi la possiede la esercita anche verso gli altri e non solo verso se stessi. Il comportamento “giusto” quindi deve essere altruistico.
Aristotele propone due concetti di virtù, una ristretta e una larga. La prima è quella legata alla legge. Nell’Etica Nicomachea però egli sottolinea come la giustizia comandi anche virtù come coraggio, temperanza, bonarietà ecc. La giustizia è quindi una sorta di super-virtù in cui è compresa ogni altra virtù, una sorta di metavirtù che sta al di sopra di tutte le altre. È esercizio della virtù nella sua completezza, perché chi la possiede la esercita anche verso gli altri e non solo verso se stessi. Il comportamento “giusto” quindi deve essere altruistico.
Prosegue l’incontro della Bottega di filosofia. Il professor Bisogno analizzerà in questa parte Agostino d’Ippona e la sfida che esso pone riguardo la contrapposizione tra Scientia e Beatitudo, ovvero come è possibile per un uomo aspirare contemporaneamente alla ricerca del vero e allo stesso tempo alla Beatitudo.
Agostino contrariamente a quanto sostenuto da Tertulliano considera la dialettica e le arti liberali delle civiltà pagane (le scienze, l’aritmentica, l’astronomia,ecc..) delle fondamenta necessarie per il curriculum di studi di un vero cristiano.
Nell’arco di due secoli quindi si ha un passaggio epocale da Tertulliano ad Agostino, è un passaggio pedagogico-formativo, e nasce qui l’idea di un curriculum di studi cristiano.
La conoscenza della filosofia per Agostino rimarrà sempre il mezzo attraverso cui sarà possibile per l’uomo sollevarsi da uno stato di ”rudezza” (Eruditio) per arrivare a conoscere la totalità del disegno di Dio. La dialettica in particolare è fondatrice di tutte le scienze, poiché è una scienza appercettiva e perché scienza delle inferenze logiche.
In conclusione Agostino meglio di altri mostra la necessità antropologica dell’uomo di fare filosofia, che non è cancellato dall’esistenza di un sapere teologico ma anzi ne è potenziato.
Prosegue l’incontro della Bottega di filosofia. Il professor Bisogno analizzerà in questa parte Agostino d’Ippona e la sfida che esso pone riguardo la contrapposizione tra Scientia e Beatitudo, ovvero come è possibile per un uomo aspirare contemporaneamente alla ricerca del vero e allo stesso tempo alla Beatitudo.
Agostino contrariamente a quanto sostenuto da Tertulliano considera la dialettica e le arti liberali delle civiltà pagane (le scienze, l’aritmentica, l’astronomia,ecc..) delle fondamenta necessarie per il curriculum di studi di un vero cristiano.
Nell’arco di due secoli quindi si ha un passaggio epocale da Tertulliano ad Agostino, è un passaggio pedagogico-formativo, e nasce qui l’idea di un curriculum di studi cristiano.
La conoscenza della filosofia per Agostino rimarrà sempre il mezzo attraverso cui sarà possibile per l’uomo sollevarsi da uno stato di ”rudezza” (Eruditio) per arrivare a conoscere la totalità del disegno di Dio. La dialettica in particolare è fondatrice di tutte le scienze, poiché è una scienza appercettiva e perché scienza delle inferenze logiche.
In conclusione Agostino meglio di altri mostra la necessità antropologica dell’uomo di fare filosofia, che non è cancellato dall’esistenza di un sapere teologico ma anzi ne è potenziato.
Il professor Armando Bisogno introduce la discussione di questo incontro della Bottega di filosofia. Evidenzierà l’ approccio con cui sarà trattato il tema, ovvero ponendo particolare attenzione alle potenzialità didattiche e pedagogiche di questa disciplina.
Seguirà una premessa terminologica sulla dialettica e di come veniva considerata da Aristotele. Sarà analizzato il punto di vista di Tertulliano, secondo cui la dialettica degli autori pagani si identifica con la logica. La logica è descritta come una tecnica che serve alla discussione, e la discussione in quanto tale viene letta come un difetto, di conseguenza identificherà come un difetto e come pericolosa anche la filosofia.
Differente è il punto di vista di Lattanzio, che non percepisce come dannosa la filosofia degli autori pagani, ma anzi sostiene che è possibile ricavarne la verità, eseguendo un’attenta selezione. Quindi conferma l’idea classica che la verità è una sola, ma anche che la Verità è raggiungibile attraverso la Ragione.
Il professor Armando Bisogno introduce la discussione di questo incontro della Bottega di filosofia. Evidenzierà l’ approccio con cui sarà trattato il tema, ovvero ponendo particolare attenzione alle potenzialità didattiche e pedagogiche di questa disciplina.
Seguirà una premessa terminologica sulla dialettica e di come veniva considerata da Aristotele. Sarà analizzato il punto di vista di Tertulliano, secondo cui la dialettica degli autori pagani si identifica con la logica. La logica è descritta come una tecnica che serve alla discussione, e la discussione in quanto tale viene letta come un difetto, di conseguenza identificherà come un difetto e come pericolosa anche la filosofia.
Differente è il punto di vista di Lattanzio, che non percepisce come dannosa la filosofia degli autori pagani, ma anzi sostiene che è possibile ricavarne la verità, eseguendo un’attenta selezione. Quindi conferma l’idea classica che la verità è una sola, ma anche che la Verità è raggiungibile attraverso la Ragione.
La trattazione prosegue approfondendo la nozione di contingenza secondo Scoto. Ancora una volta Scoto deve rielaborare e rompere la tradizione aristotelica, questa volta sulla nozione di contingenza, sostituendo un’ idea di contingenza diacronica con un’idea sincronica di contingenza. Partendo dal presupposto che un evento è contingente quando il contrario di quell’evento è possibile, il vero dibattito si sviluppa intorno a quando inizia la possibilità che si verifichi l’evento opposto a quello esistente. Secondo la contingenza diacronica di Aristotele questa possibilità avrà inizio dall’istante successivo all’evento considerato. La contingenza sincronica invece, secondo la concezione di Scoto, prevede che l’evento contrario possa verificarsi in un qualsiasi istante dell’evento in atto, e non in un istante successivo. Questa è secondo Scoto la vera contingenza. L’attesa di un momento successivo al presente fa sì che l’evento opposto possa non verificarsi mai. Una concezione della contingenza come quella diacronica azzera totalmente la libertà umana.
L’idea di contingenza di Scoto è totalmente nuova e consiste, da un punto di vista logico-metafisico, nel passaggio dalla preminenza della realtà alla preminenza della possibilità.
La trattazione prosegue approfondendo la nozione di contingenza secondo Scoto. Ancora una volta Scoto deve rielaborare e rompere la tradizione aristotelica, questa volta sulla nozione di contingenza, sostituendo un’ idea di contingenza diacronica con un’idea sincronica di contingenza. Partendo dal presupposto che un evento è contingente quando il contrario di quell’evento è possibile, il vero dibattito si sviluppa intorno a quando inizia la possibilità che si verifichi l’evento opposto a quello esistente. Secondo la contingenza diacronica di Aristotele questa possibilità avrà inizio dall’istante successivo all’evento considerato. La contingenza sincronica invece, secondo la concezione di Scoto, prevede che l’evento contrario possa verificarsi in un qualsiasi istante dell’evento in atto, e non in un istante successivo. Questa è secondo Scoto la vera contingenza. L’attesa di un momento successivo al presente fa sì che l’evento opposto possa non verificarsi mai. Una concezione della contingenza come quella diacronica azzera totalmente la libertà umana.
L’idea di contingenza di Scoto è totalmente nuova e consiste, da un punto di vista logico-metafisico, nel passaggio dalla preminenza della realtà alla preminenza della possibilità.
Il prof. LaManna prosegue la sua analisi tra gli autori della stagione umanistica-rinascimentale e tra le relative reinterpretazione del cristianesimo da essi proposte, fino ad arrivare all’isolamento dell’elemento tragico.
In questa parte della conferenza viene preso in analisi un autore come Bartolomeo Scala, un uomo che si poneva in continuità con la tradizione cristiana, dai cui scritti si estrapola la trattazione del tema della natura posta in relazione con il creatore.
Il tema della natura andava diffondendosi molto nella Firenze umanistica rinascimentale, poiché nel 1417 Poggio Bracciolini riavvia una grande operazione di trascrizione del ”De rerum natura” di Lucrezio. Tale opera diventa un punto di riferimento per i filosofi fiorentini dell’epoca e induce a un riavvicinamento alla filosofia epicurea.
Marcello Adriani, uomo di fede, nel 1497 introduce un tema di grande rottura con la cristianità, ovvero quello della causalità: la conoscenza delle cause della natura annulla l’effetto sorpresa (Nihil admirari).
Tra i grandi autori rinascimentali, Giovanni Pico della Mirandola attribuisce al Dio dell’antico testamento nella creazione di Adamo degli elementi di assoluta novità, per cui ”se una natura esiste per l’uomo è solo la sua libertà”.
Il prof. LaManna prosegue la sua analisi tra gli autori della stagione umanistica-rinascimentale e tra le relative reinterpretazione del cristianesimo da essi proposte, fino ad arrivare all’isolamento dell’elemento tragico.
In questa parte della conferenza viene preso in analisi un autore come Bartolomeo Scala, un uomo che si poneva in continuità con la tradizione cristiana, dai cui scritti si estrapola la trattazione del tema della natura posta in relazione con il creatore.
Il tema della natura andava diffondendosi molto nella Firenze umanistica rinascimentale, poiché nel 1417 Poggio Bracciolini riavvia una grande operazione di trascrizione del ”De rerum natura” di Lucrezio. Tale opera diventa un punto di riferimento per i filosofi fiorentini dell’epoca e induce a un riavvicinamento alla filosofia epicurea.
Marcello Adriani, uomo di fede, nel 1497 introduce un tema di grande rottura con la cristianità, ovvero quello della causalità: la conoscenza delle cause della natura annulla l’effetto sorpresa (Nihil admirari).
Tra i grandi autori rinascimentali, Giovanni Pico della Mirandola attribuisce al Dio dell’antico testamento nella creazione di Adamo degli elementi di assoluta novità, per cui ”se una natura esiste per l’uomo è solo la sua libertà”.
A proposito dei rapporti Chiesa-Stato, cristianesimo-potere, Borghesi descrive la partizione proposta dal papa e teologo Ratzinger, ispirata alla dottrina di Peterson:
“destra”: Eusebio di Cesarea fa coincidere il cristianesimo con il potere e con l’impero;
“sinistra”: Origine sostiene invece che il cristiano non può aderire a questo mondo (delegittimazione delle leggi);
“centro”: Agostino ritiene che Cristo ecceda gli ordinamenti legittimi di questo mondo.
Dopo aver abbracciato la prospettiva politica eusebiana, nella Città di Dio Agostino elimina la figura dell’impero cristiano: il Dio cristiano non assicura la potenza terrena. Da qui l’idea rivoluzionaria delle due città, che spezza l’idea di religione civile antica (tornerà solo con Rousseau). Agostino secondo Peterson e Ratzinger va dunque inteso come critico della teologia politica pagana, ebraica e cristiana. Il modello agostiniano, conclude Borghesi, è inevitabilmente alternativo a quello di Gioacchino da Fiore: la terza età del mondo prospettata da Gioacchino porta a un’immanentizzazione dell’eschaton, all’idea di un’età di maggior grazia che è la grande utopia moderna. L’idea della terza età dello Spirito sulla terra implica una nuova politicizzazione del religioso, in contrapposizione al dualismo agostiniano.
A proposito dei rapporti Chiesa-Stato, cristianesimo-potere, Borghesi descrive la partizione proposta dal papa e teologo Ratzinger, ispirata alla dottrina di Peterson:
“destra”: Eusebio di Cesarea fa coincidere il cristianesimo con il potere e con l’impero;
“sinistra”: Origine sostiene invece che il cristiano non può aderire a questo mondo (delegittimazione delle leggi);
“centro”: Agostino ritiene che Cristo ecceda gli ordinamenti legittimi di questo mondo.
Dopo aver abbracciato la prospettiva politica eusebiana, nella Città di Dio Agostino elimina la figura dell’impero cristiano: il Dio cristiano non assicura la potenza terrena. Da qui l’idea rivoluzionaria delle due città, che spezza l’idea di religione civile antica (tornerà solo con Rousseau). Agostino secondo Peterson e Ratzinger va dunque inteso come critico della teologia politica pagana, ebraica e cristiana. Il modello agostiniano, conclude Borghesi, è inevitabilmente alternativo a quello di Gioacchino da Fiore: la terza età del mondo prospettata da Gioacchino porta a un’immanentizzazione dell’eschaton, all’idea di un’età di maggior grazia che è la grande utopia moderna. L’idea della terza età dello Spirito sulla terra implica una nuova politicizzazione del religioso, in contrapposizione al dualismo agostiniano.
Eckhart, che riporta la giustizia alla dimensione dell’interiorità e del rapporto con Dio, individua quattro segni rivelatori della giustizia: l’equilibrio e la fermezza nelle vicende prospere e avverse; il non discordare mai dalla volontà Dio e l’aderire con tutto se stesso a Dio; l’assegnare a ciascuno ciò che è suo; l’amare con tutto se stesso ciò che è giusto e l’odiare con tutto se stesso ciò che non è giusto.
Catapano sottolinea come Eckhart capovolga la visione tradizionale della giustizia, secondo la quale la giustizia è una qualità che esiste nell’anima della persona giusta: è la persona giusta, che in quanto tale, esiste nella giustizia. Di conseguenza tra la giustizia e il giusto è presente un rapporto di generazione: la giustizia nel soggetto ha la stessa natura di quella divina che la genera. L’unità dinamica tra Dio e io è il nucleo metafisico della giustizia: l’uomo giusto è tale, in quanto Dio lo trasforma in quella giustizia che lui stesso è. Con Eckhart, conclude Catapano, la giustizia scopre Dio come sua stessa essenza.
Eckhart, che riporta la giustizia alla dimensione dell’interiorità e del rapporto con Dio, individua quattro segni rivelatori della giustizia: l’equilibrio e la fermezza nelle vicende prospere e avverse; il non discordare mai dalla volontà Dio e l’aderire con tutto se stesso a Dio; l’assegnare a ciascuno ciò che è suo; l’amare con tutto se stesso ciò che è giusto e l’odiare con tutto se stesso ciò che non è giusto.
Catapano sottolinea come Eckhart capovolga la visione tradizionale della giustizia, secondo la quale la giustizia è una qualità che esiste nell’anima della persona giusta: è la persona giusta, che in quanto tale, esiste nella giustizia. Di conseguenza tra la giustizia e il giusto è presente un rapporto di generazione: la giustizia nel soggetto ha la stessa natura di quella divina che la genera. L’unità dinamica tra Dio e io è il nucleo metafisico della giustizia: l’uomo giusto è tale, in quanto Dio lo trasforma in quella giustizia che lui stesso è. Con Eckhart, conclude Catapano, la giustizia scopre Dio come sua stessa essenza.
Come si fa a capire se il comportamento è giusto? Se realizza due felicità: la mia e quella degli altri. La giustizia è ciò che apre le virtù proprie agli altri. Se sei temperante lo sei da solo, ma se sei giusto lo sei anche con gli altri. Quindi la giustizia è la virtù politica per eccellenza.
Inoltre in Aristotele, come in Platone, la giustizia è l’utile degli altri, come per i sofisti, ma a differenza di questi è anche l’utile per sé: è infatti sanabile il conflitto tra utile personale e utile “pubblico”.
Pur caduta in disgrazia dal Settecento in poi, con la proposta kantiana di un’etica formale in cui la felicità non può essere al contempo soggettiva e universale, nel secondo dopoguerra l’etica antica e aristotelica in particolare ha trovato nuova linfa vitale, proprio per la tensione costante che l’ha sempre contraddistinta, ossia tener conto delle legittime aspirazioni di felicità dei singoli senza rinunciare a un discorso filosofico di carattere universale.
Come si fa a capire se il comportamento è giusto? Se realizza due felicità: la mia e quella degli altri. La giustizia è ciò che apre le virtù proprie agli altri. Se sei temperante lo sei da solo, ma se sei giusto lo sei anche con gli altri. Quindi la giustizia è la virtù politica per eccellenza.
Inoltre in Aristotele, come in Platone, la giustizia è l’utile degli altri, come per i sofisti, ma a differenza di questi è anche l’utile per sé: è infatti sanabile il conflitto tra utile personale e utile “pubblico”.
Pur caduta in disgrazia dal Settecento in poi, con la proposta kantiana di un’etica formale in cui la felicità non può essere al contempo soggettiva e universale, nel secondo dopoguerra l’etica antica e aristotelica in particolare ha trovato nuova linfa vitale, proprio per la tensione costante che l’ha sempre contraddistinta, ossia tener conto delle legittime aspirazioni di felicità dei singoli senza rinunciare a un discorso filosofico di carattere universale.