Regia Fabrizio Galatea, operatore Timothy Heys-Cerchio, montaggio Stefano Carcereri, realizzazione Zenit Arti Audiovisive
Master contenuto in Le ragioni della bellezza, di Antonio Pinelli. Volume 1, Dalla Preistoria all’apogeo dell’Impero romano, lezione 7, Il “colore” dell’Antico – Policromia nell’arte antica, parte 7 di 7. Abbiamo una vasta gamma di statue romane antiche colorate. Esempio dell’Apollo Citaredo in marmo di Carrara e la veste di porfido, o il Busto di Caracalla o la Diana Efesina, II sec. d.C., di alabastro ma con il volto in bronzo. Spesso oltre ad essere colorate le sculture erano polimateriche, avevano delle parti in metallo. La maggior parte delle statue importanti erano in bronzo, come i Bronzi di Riace, in Calabria, che sono policromi, con inserti in rame per la bocca e i capezzoli, denti in argento, ciglia in argento o bronzo dorato, con cornee in avorio e le iridi probabilmente in pietre dure, andate perdute. Il colore per i greci non era però per ottenere un effetto di realismo, ma per avvicinarsi al bello reale, più suggestivo ed evocativo che mimetico e realistico.